Ci sono vecchie e nuove conoscenze, un paio di insospettabili e una storia lunga di mafia alle spalle che porterà a nuovi sviluppi dietro l’operazione antimafia Condor in corso di esecuzione ad opera dei carabinieri del Comando provinciale di Agrigento e del Ros di Palermo.
In carcere sono finiti Nicola Ribisi, 42 anni, ritenuto il capo della famiglia mafiosa di Palma di Montechiaro; Giuseppe Sicilia, 43 anni, ritenuto il capo della famiglia mafiosa di Favara; Giuseppe Chiazza, 42 anni di Palma di Montechiaro; Domenico Lombardo, 31 anni di Agrigento; Baldo Carapezza, 27 anni di Palma di Montechiaro.
Ai domiciliari, invece, Salvatore Galvano, 52 anni, titolare di un deposito giudiziario (già arrestato nell’operazione San Calogero); Ignazio Sicilia, 48 anni di Favara (fratello di Giuseppe e già arrestato nell’operazione San Calogero); Francesco Centineo, 38 anni di Palermo; Giovanni Cibaldi, 35 anni di Licata. Obbligo di dimora per Luigi Montana, 40 anni di Ravanusa.
Il blitz, denominato “Condor” è scattato nella parte orientale della provincia e fra Licata, Palma di Montechiaro, Canicattì ma anche Favara ed Agrigento.
Riepilogando sono cinque le misure cautelari in carcere, 4 ai domiciliari e un obbligo di dimora. Questi, dunque, i provvedimenti disposti dal Gip del tribunale di Palermo su richiesta della Dda nell’ambito dell’operazione antimafia “Condor” condotta dai carabinieri del Gruppo della città dei templi comandati dal col. Vittorio Stingo, in provincia di Agrigento.
Gli indiziati devono rispondere, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Eseguite anche 23 perquisizioni personali e locali (di cui 3 in carcere) nei confronti dei destinatari delle misure. Le indagini, coordinate dalla Dda di Palermo hanno consentito di acquisire un compendio investigativo sugli assetti mafiosi nel territorio di Favara (AG) e quello di Palma di Montechiaro (AG), quest’ultimo caratterizzato – come accertato da sentenze definitive – dalla convivenza della articolazione territoriale di Cosa Nostra e di formazioni criminali denominate “paracchi” sul modello della Stidda. In questo contesto i carabinieri hanno raccolto indizi sul tentativo di uno degli indagati di espandere la propria influenza al di là del territorio palmese, ossia su Favara e sul Villaggio Mosè di Agrigento; sul ruolo di “garante” esercitato dal vertice della famiglia di Palma di Montechiaro a favore di un esponente della Stidda, al cospetto dell’allora reggente del mandamento di Canicattì. Raccolti indizi sul controllo delle attività economiche nel territorio di Palma di Montechiaro, con riferimento al settore degli apparecchi da gioco e delle mediazioni per la vendita dell’uva (le cosiddette sensalie); di “messe a posto” a Favara e danneggiamenti a mezzo incendio.
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