Nuovo colpo alla famiglia mafiosa del Borgo Vecchio a Palermo. Questa mattina, su delega della Dda, i carabinieri del comando provinciale hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip nei confronti di 15 indagati accusati a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, furti, ricettazione ed estorsioni, tutti reati aggravati dal metodo mafioso, e di sfruttamento della prostituzione. Per uno è stato disposto il carcere, per 11 i domiciliari e per 2 l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
In carcere: Salvatore Buongiorno, 54 anni. Ai domiciliari: Gianluca Altieri, 26 anni; Carmelo Cangemi, 31 anni; Paolo Francesco Cinà, 28 anni; Saverio D’Amico, 40 anni; Nicolò Di Michele, 31 anni; Davide Di Salvo, 37 anni; Vincenzo Marino, 55 anni; Pietro Matranga, 33 anni; Franesco Mezzatesta, 21 anni; Emanuele Sciortino, 31 anni; Giuseppe Pietro Colantonio, 30 anni.
L’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, denominata Resilienza 2, costituisce il prosieguo del blitz che, il 12 ottobre scorso, aveva portato al fermo del presunto nuovo reggente della famiglia mafiosa, Angelo Monti, che, secondo i carabinieri del Nucleo operativo, aveva riorganizzato il clan affidando posizioni direttive a suoi uomini di fiducia come il fratello Girolamo Monti, Giuseppe Gambino, Salvatore Guarino e Jari Massimiliano Ingarao. Molti imprenditori – il particolare è emerso nel corso della prima tranche dell’inchiesta – si sono ribellati al pizzo e hanno collaborato con le autorità e contribuito a far arrestare gli estorsori.
Questa seconda tranche dell’indagine ha svelato il controllo capillare del territorio da parte della “famiglia”.
I mafiosi continuano a rivendicare, con resilienza, una specifica “funzione sociale” attraverso alcune manifestazioni tipiche come la gestione delle feste rionali, l’organizzazione dei traffici di stupefacenti (funzionali a rimpinguare la cassa del clan) e la gestione di alcuni gruppi criminali che gestiscono i furti di veicoli e i cosiddetti conseguenti cavalli di ritorno (le richieste di soldi per la restituzione della refurtiva), anch’essi funzionali ad alimentare le casse della cosca. Dalle indagini è emerso che i boss hanno un ruolo nella risoluzione di alcune controversie sorte all’interno dei gruppi organizzati della tifoseria del Palermo Calcio.