La faida Favara-Liegi, ecco perché i Bellavia sono stati condannati all’ergastolo

Redazione

| Pubblicato il venerdì 19 Agosto 2022

La faida Favara-Liegi, ecco perché i Bellavia sono stati condannati all’ergastolo

di Redazione
Pubblicato il Ago 19, 2022

A distanza di due mesi dalla sentenza di primo grado il tribunale di Palermo ha depositato le motivazioni con cui il gup Nicola Aiello ha disposto le condanne all’ergastolo di Antonio e Calogero Bellavia, 51 e 33 anni di Favara, accusati dell’omicidio di Mario Jakelich e del tentato omicidio di Maurizio Di Stefano avvenuti il 14 settembre 2016 a Liegi, in Belgio. La vicenda processuale scaturisce dalla maxi operazione “Mosaico” che ha fatto luce su una terribile scia di sangue tra Favara e Liegi caratterizzata in due anni da omicidi e agguati falliti. Oltre ai due Bellavia (assolti per l’omicidio di Carmelo Ciffa) il gup ha condannato anche Calogero Ferraro (14 anni), ritenuto uno dei membri del clan Bellavia ed accusato del tentato omicidio di Carmelo Nicotra e Maurizio Distefano ; Carmelo Nicotra (5 anni e 4 mesi), scampato miracolosamente ad un agguato nel maggio 2017 in via Torino a Favara, ma che non ha mai collaborato con la giustizia e ha sempre nascosto l’identità dei suoi attentatori (assolto dall’associazione per delinquere); Gerlando Russotto (6 anni di reclusione); Salvatore Vitello (2 anni e 4 mesi), imprenditore titolare di un camping e b&b a San Leone, accusato di ricettazione e incendio. Il tribunale ha invece assolto Calogero Gastoni per l’omicidio di Emanuele Ferraro, avvenuto l’8 marzo 2018 a Favara. Un solo imputato, Carmelo Vardaro, ha scelto la via dell’ordinario ed è attualmente sotto processo davanti i giudici della Corte di Assise di Agrigento.

L’OMICIDIO JAKELICH E IL TENTATO OMICIDIO DI STEFANO

Per questi delitti sono stati condannati al carcere a vita Antonio e Calogero Bellavia, 51 e 33 anni di Favara. Il fatto di sangue si verifica il 14 settembre 2016 a Liegi. A dare un importante contributo sulla vicenda è stato il collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta, per alcuni anni al vertice della famiglia mafiosa di Favara. Quaranta, sentito più volte dai magistrati, fornisce il movente della faida (scaturita dall’omicidio del padre di Calogero Bellavia) e indica i nomi del gruppo di fuoco entrato in azione. Oltre le dichiarazioni, ritenute attendibili, del pentito ci sono poi gli esiti delle indagini svolte dagli investigatori italiani e belgi. 

Ecco cosa scrive il giudice nelle motivazioni della sentenza: “Le dichiarazioni del Quaranta circa la presenza sul luogo del commesso reato dei componenti del gruppo di fuocoche trasse a morte Mario Jakelich e che tentò di uccidere Maurizio Di Stefano, trova una prima conferma nel dato documentale relativo alla partenza per Eindhoven di Calogero Bellavia il data 13 settembre 2016 (giorno prima dell’omicidio) e il rientro dello stesso imputato il giorno dopo il delitto. Il difensore del Bellavia ha sostenuto che lo stesso si sarebbe recato a Eindhoven per assistere ad una partita di calcio ma, anche a ritenere sufficientemente documentata tale circostanza, la stessa non esclude che il Bellavia possa aver sfruttato tale favorevole occasione per recarsi a Liegi (come dimostrano le celle di aggancio del suo cellulare) per partecipare al tentato omicidio di Di Stefano. La circostanza che il giorno dell’agguato Emanuele Ferraro (poi ucciso l’8 marzo 2018), Carmelo Vardaro (a processo separatamente) e Antonio Bellavia si trovassero sul luogo del delitto, d’altra arte così come riferito dal collaboratore di giustizia, ha trovato conferma negli accertamenti della polizia giudiziaria sulle liste passeggeri dei voli in partenza dall’aeroporto di Trapani Birgi e in arrivo a Eindhoven in epoca immediatamente antecedente e successiva a tale delitto e sulle celle di aggancio dei cellulari dei Bellavia [..] dalle informative della Squadra Mobile di Agrigento e di Palermo risulta che Emanuele Ferraro avesse la disponibilità delle chiavi del portone di ingresso allo stabile ove si trovava ubicato l’appartamento del Di Stefano dove avvenne l’agguato. Ulteriore elemento di riscontro alle dichiarazioni di Quaranta è costituto dalla disponibilità di Carmelo Vardaro di un’auto Bmw colore grigio. Ebbene risulta accertato dalle indagini svolte in prima battuta dalla Squadra Investigativa Comune e successivamente dalla Squadra Mobile di Agrigento e Palermo che le persone che ebbero ad assistere all’agguato mortale del 14 settembre 2016, sentite a sommarie informazioni, riferirono di avere notato che uno dei componenti del gruppo di fuoco che uccise Jakelich e tentò di uccidere Di Stefano, disponeva di una autovettura Bmw grigio sicuro, corrispondente per marca e colore a quella che possedeva proprio Vardaro. I testimoni oculari riferivano che due uomini armati di pistole a canna corta avevano aperto il fuoco nei confronti dei soggetti passivi mentre una terza persona, con funzioni di copertura e ausilio alla fuga, li attendeva a bordo di una Bmw grigio scuro. La polizia giudiziaria accertava che nello stesso contesto temporale Vardaro disponeva di una Bmw di colore grigio e che aveva persino pubblicato una sua foto su Facebook che lo ritraeva a fianco della predetta autovettura [..] Deve in conclusione ritenersi che sussista a carico dei due Bellavia un compendio probatorio che consente di pervenire all’affermazione della responsabilità dei predetti ogni ragionevole dubbio. Gravano sui suddetti non soltanto le precise, lineari e coerenti propalazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta ma anche l’impressionante mole di riscontri esterni di carattere individualizzante sopra menzionati. Deve giungersi pertanto all’affermazione di colpevolezza di Antonio Bellavia per i delitti di omicidio pluriaggravato di Mario Jakelich, di tentato omicidio pluriaggravato di Maurizio Di Stefano e di detenzione e porto illegale di armi. Con riferimento a quest’ultimo reato giova evidenziare in aggiunta che in occasione del sopralluogo eseguito dalla polizia belga sul luogo dei reati sono stati individuati sette bossoli calibro 7.65 e quattro ogive del medesimo calibro, sparate da due pistole differenti. Si tratta, come è del tutto evidente, delle munizioni adoperate con le armi che gli odierni imputati hanno utilizzato per uccidere Jakeliche e tentare di uccidere Di Stefano.”

di Redazione
Pubblicato il Ago 19, 2022


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