Covid e affari all’ombra della mafia a Catania, 10 misure cautelari

Redazione

| Pubblicato il giovedì 05 Ottobre 2023

Covid e affari all’ombra della mafia a Catania, 10 misure cautelari

Complessivamente sono 26 gli indagati dell'operazione
di Redazione
Pubblicato il Ott 5, 2023

Dieci misure cautelari e altri 15 indagati nell’operazione battezzata “Lockdown” della Polizia di Stato scattata all’alba, con l’esecuzione di ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip di Catania, su richiesta della Procura, a carico di soggetti accusati di associazione per delinquere finalizzata alle truffe ai danni dello Stato con l’aggravante di aver agito al fine di agevolare l’affermazione sul territorio dell’associazione mafiosa Santapaola-Ercolano. Tra gli arrestati professionisti della finanza e un carabiniere. Cinque gli arresti in carcere, altrettanti gli ordini di presentazione alla polizia giudiziaria e all’obbligo di dimora nel Comune in cui abitano. Nei confronti dei destinatari della misura restrittiva, nonchè di numerosi altri beneficiari di finanziamenti erogati per fronteggiare l’emergenza Covid, il Gip ha disposto il sequestro preventivo, anche per equivalente, della somma di 380 mila euro, profitto dell’attività posta in essere. In azione oltre 100 uomini del Servizio centrale operativo della Questura di Catania e del Reparto prevenzione crimine. In carcere: Paolo Marragony 50 anni, Alessandro Mirabella, 62 anni, Andrea Pappalardo, 46 anni, Michele Adolfo Valerio Pilato, 65 anni, Gabriele Santapaola, 39 anni, esponente di rango del clan. Sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alle truffe aggravate ai danni dello Stato, all’indebita percezione di erogazione in danno dello Stato ed ai delitti di falso in scrittura privata, falso ideologico in atti pubblici nonchè altri delitti contro la fede pubblica, con l’aggravante, per i soli arrestati di aver agito anche al fine di agevolare l’associazione mafiosa Santapaola-Ercolano.

Operazione Lockdown

Il provvedimento restrittivo, emesso sulla base delle risultanze delle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia è frutto di una complessa ed articolata attività investigativa, condotta tra il marzo 2021 ed il novembre dello stesso anno, che ha accertato numerosi casi di falso e di indebita percezione di contributi pubblici consistenti in finanziamenti di vario genere erogati da istituti bancari e garantiti dallo Stato in forza del Decreto liquidità emanato per fronteggiare l’emergenza economica conseguita alla pandemia da Covid. Tali finanziamenti garantiti dallo Stato, secondo quanto emerso dalle indagini, venivano erogati sulla base di documentazione falsa e presentata da soggetti che non avevano i presupposti di legge. Al vertice dell’associazione criminale, composta, tra gli altri, da vari professionisti del settore, vi sarebbero il funzionario di un noto istituto di credito catanese Alessandro Mirabella e il direttore generale della Co.Fi.San. Consorzio Fidi Andrea Pappalardo, i quali avrebbero promosso ed organizzato l’attività. Gli indagati, sfruttando anche la semplificazione procedurale sancita dalla legislazione d’urgenza, concernente le procedure per la concessione del finanziamento garantito a imprese, lavoratori autonomi e liberi professionisti titolari di partita Iva, avrebbero assicurato a beneficiari compiacenti l’accesso ai predetti finanziamenti, istruendone la relativa pratica sin dalla predisposizione della falsa documentazione reddituale ai fini dell’indebita erogazione del contributo. Un ruolo centrale sarebbe stato rivestito dal Pappalardo che, grazie all’incarico apicale svolto nel consorzio, avrebbe convogliato le istanze prodotte dai vari professionisti verso dirigenti di istituti di credito compiacenti come Mirabella, il quale, a sua volta, avrebbe assegnato tali pratiche a fidati funzionari della banca, che, dietro indebito pagamento di una somma di denaro, le avrebbe deliberate positivamente o, qualora irrimediabilmente viziate, ne avrebbe consigliato il ritiro così da poter essere ripresentate una volta rettificate.

A loro volta i professionisti – due dei quali titolari di un’agenzia di disbrigo pratiche finanziarie – sempre facendo riferimento a Pappalardo che avrebbe coordinato tutte le richieste di finanziamento veicolandole poi ai funzionari di banca – avrebbero reperito “clienti” a nome dei quali proporre le richieste di finanziamento garantito, predisponendo la falsa documentazione da allegare alle istanze, per poi riscuotere dal beneficiario compiacente le somme pattuite dopo l’indebita erogazione del finanziamento. Completerebbero l’organigramma del gruppo Santapaola, esponente dell’omonimo clan mafioso, e Marragony, brigadiere capo dell’Arma dei Carabinieri in servizio a Catania, i quali, avrebbero collaborato stabilmente con un ragioniere commercialista, presentando numerose richieste di finanziamento garantito dallo Stato intestate a meri prestanome e corredate da falsa documentazione appositamente predisposta da Marragony. Quest’ultimo, al quale viene contestato anche il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico protetto, avendo più volte consultato le banche dati di polizia per finalità diverse da quelle connesse al servizio, sempre secondo l’impostazione accusatoria, avrebbe collaborato nelle realizzazione delle condotte fraudolente con Santapaola, in quanto, oltre a curare i rapporti con i funzionari di banca, si sarebbe occupato della predisposizione della documentazione essenziale per l’indebita percezione del contributo come l’attivazione della partita Iva, la predisposizione della falsa documentazione reddituale ed il suo inoltro telematico, nonchè l’apposita attivazione di un’utenza telefonica e di una casella email nella quale pervenivano le varie comunicazioni bancarie alle quali rispondeva personalmente. L’attività di indagine ha consentito di ritenere la sussistenza della gravità indiziaria anche in ordine alla consapevolezza da parte di questi ultimi indagati della caratura mafiosa di Gabriele Santapaola, e del fatto che parte dei proventi dell’illecita attività venivano destinati dal predetto al clan mafioso. Rilevate numerose difformità con riguardo alla documentazione inerente almeno 13 istanze di contributi garantiti, così determinando l’indebita erogazione di finanziamenti garantiti per la somma complessiva di circa 380.100 euro. Pertanto, nei confronti dei 10 destinatari della misura restrittiva, nonchè di ulteriori 15 indagati, beneficiari compiacenti degli indebiti finanziamenti, per la maggior parte titolari di esercizi commerciali, il Gip ha disposto il sequestro preventivo, anche per equivalente. I destinatari della misura cautelare in carcere sono stati rintracciati nella mattinata odierna e tradotti in carcere, ad eccezione di Santapaola, già detenuto per altra causa, al quale il provvedimento è stato notificato presso la Casa Circondariale presso cui è attualmente recluso.

Obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria e obbligo di dimora per Alberto Angelo Casisi, 32 anni di Catania, Paolo D’Angelo, 62 anni di Catania, Concetto Massimino, 56 anni di Viagrande, Paolo Monaco, 38 anni di Catania e Claudio Nicotra, 46 anni di Catania. Gli indagati sono 26

Andrea Pappalardo e Alessandro Mirabella sono funzionari di Unicredit banca, Angelo Casisi, Paolo Monaco, Michele Adolfo Valerio Pilato e Claudio Nicotra sono i commercialisti che attraverso Pappalardo che coordinava l’attività reperivano clienti a nome dei quali proporre richieste di finanziamento garantito. Gli altri sono imprenditori.

di Redazione
Pubblicato il Ott 5, 2023


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