C’è anche il notaio Andrea Bartoli, 52 anni (molto noto per aver fondato la realtà Farm cultural park a Favara divenuta negli anni una vera e propria istituzione nel campo dell’arte e dell’architettura) tra i 15 indagati dell’inchiesta della Procura di Gela denominata “Avaritia”.
L’indagine, condotta dai carabinieri guidati dal colonnello Vincenzo Pascale e coordinata dal procuratore della Repubblica, Fernando Asaro, si concentra sulla gestione dell’Ipab “Antonietta Aldisio” di Gela e, in particolare, sul passaggio dal pubblico al privato con la cessione alla società “Fenice Srl”.
Il personaggio principale dell’intera attività investigativa è indubbiamente don Giovanni Tandurella, 51 anni, parroco della Chiesa Madre di Piazza Armerina, finito ai domiciliari su disposizione del gip Roberto Riggio che ha altresì disposto l’interdizione per un anno dai ruoli societari dell’Ipab, Renato Mauro ed i consiglieri comunali di Fratelli d’Italia Sandra Bennici e Salvatore Scerra.
Le ipotesi di reato contestate al notaio Bartoli, che ha uno studio proprio a Gela e che risulta essere uno dei professionisti di fiducia del sacerdote, sono tentata truffa e falsità ideologica aggravata dall’essere pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni.
Nella specifica vicenda sono coinvolti direttamente padre Tandurella e i due collaboratori del notaio Bartoli, ossia Rosario Moscato, 54 anni di Favara, una sorta di factotum oggi non più al servizio del professionista e Giovanni Tirrito, 28 anni di Enna.
La posizione di Bartoli emerge quasi per caso durante l’attività investigativa, cominciata dopo alcune denunce dei familiari della casa di riposo, in seguito al sequestro di alcuni documenti nella struttura e di un dispositivo informatico del sacerdote. La vicenda che lo riguarderebbe è strettamente legata alla professione che esercita e al testamento di un’anziana ospite della casa di riposo. La donna aveva manifestato, infatti, di lasciare in eredità tutti i suoi beni immobili (dal valore di circa 1 milione di euro) e una somma quantificata in 312 mila euro con la volontà di destinarli non al sacerdote, ma alla casa di riposo, per effettuare lavori di manutenzione, ampliamento e per la creazione di un nuovo padiglione che si occupasse di riabilitazione e fisioterapia.
Di questi 312 mila euro – secondo la ricostruzione degli inquirenti – soltanto 118 mila euro sono stati spesi venendo così distratta la somma di circa 114 mila euro. A Bartoli, in qualità di notaio e pubblico ufficiale, viene contestato dunque l’aver indotto “in errore la donna in quanto il suo silenzio anti-doveroso era artificiosamente preordinato a far sottoscrivere alla testatrice un atto testamentario difforme dalle sue volontà”.
In particolare avrebbe attestato falsamente (anche con l’ausilio dei suoi collaboratori in qualità di testimoni, oggi indagati), e contrariamente alle volontà dell’anziana benefattrice, che il beneficiario dell’eredità fosse il sacerdote Tandurella e non la casa di riposo.
La donna, dopo una iniziale difesa del sacerdote, iniziò a ravvedersi dichiarando ai carabinieri di voler cambiare al più presto il testamento e di essersi accorta del raggiro convinta di aver donato i beni alla casa di riposo e non alla persona fisica del parroco.
La donna il 14 luglio 2020 revocò ogni antecedente disposizione testamentaria.
Queste le ipotesi di reato contestate a Tandurella, Bartoli, Territo e Moscato: perché con più azioni ed omissioni, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro – in particolare il notaio Andrea Bartoli, nella qualità di pubblico ufficiale e nell’esercizio delle sue funzioni, incaricato da Angela C. a redigere testamento pubblico – alteravano le volontà della suddetta, nondimeno attestavano falsamente che la sottoscrizione dell’atto fosse avvenuta alla sola presenza dei due testimoni e della testatrice. In particolare, il notaio, contrariamente alle volontà espressegli da Angela C, la quale voleva lasciare tutti i suoi averi alla casa di riposo Ipab “Antonietta Aldisio’: attestava falsamente che la stessa avesse invece nominato Giovanni Tandurella erede universale di tutti i suoi beni; inoltre, attestava falsamente che la formazione dell’atto fosse avvenuta alla sola presenza dei due testimoni, mentre invece era presente anche Giovanni Tandurella, beneficiato, il quale contribuiva alla falsità ideologica; condotta eseguita con la complicità dei due testimoni; Moscato e Tirrito, i quali, sottoscrivendo l’atto, offrivano il loro contributo alla commissione del reato; Per tutti, con l’aggravante di aver commesso il reato per eseguire il reato di cui al capo seguente e assicurare a Tandurella il prodotto e il profitto del medesimo; Per tutti, con l’aggravante di aver profittato delle circostanze di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa, in quanto l’età anagrafica (ultra-ottantacinquenne) della vittima, nonché la particolare fiducia che la stessa riponeva nei confronti del sacerdote, gli permetteva di eseguire agevolmente il foro proposito criminoso; Per tutti, con l’aggravante di aver, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità; Per Andrea Bartoli, con l’aggravante di aver commesso con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione; In Gela, in data 26 settembre 2019.
Ed ancora: perché in concorso fra loro, alfine di procurare un ingiusto profitto a Giovanni Tandurella, inducevano in errore Angela C., facendole compiere un negozio giuridico diverso da quello voluto.
In particolare, il notaio Bartoli, dopo aver concordato con il sacerdote Giovanni Tandurella l’appuntamento per la redazione del testamento della donna e aver eseguito le condotte di cui al capo precedente, con la complicità degli altri indagati, induceva in errore la donna, in quanto il suo silenzio anti-doveroso era artificiosamente preordinato a far sottoscrivere alla testatrice un atto testamentario difforme dalle sue reali volontà; condotta eseguita con la complicità dei due testimoni, Moscato e Tirrito, che agevolavano la commissione del reato omettendo di intervenire e prestando falsa testimonianza, e di Giovanni Tandurella, il quale, presente nello studio del notaio, concorreva e profittava della condotta; Fatto commesso profittando delle circostanze di persona, anche in riferimento all’età, di cui all’art. 61 n.5 c.p., tali da ostacolare la pubblica o privata difesa, in quanto lo stato di solitudine e l’età anagrafica (ultra-ottantacinquenne) della vittima, nonché la particolare devozione verso la Chiesa e i suoi rappresentanti; permettevano al sacerdote Giovanni Tandurella di riuscire agevolmente nella sua opera di persuasione e suggestione; Per tutti, con l’aggravante di aver, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità; Per Andrea Bartoli, con l’aggravante di aver commesso con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione; In Gela in data 26.09.2019.
Intanto domani mattina è in programma l’interrogatorio di garanzia del sacerdote, difeso dall’avvocato Giovanna Zappulla, mentre venerdì toccherà all’ingegnere Mauro, amministratore della società “La Fenice”(difeso dall’avvocato Giacomo Ventura), e ai consiglieri comunali Sandra Bennici (con il legale Flavio Sinatra) e Salvatore Scerra (rappresentato dall’avvocato Valentina Lo Porto).