Mafia, niente permesso ad Antonello Nicosia per la sua laurea: “Non è sicuro”

Redazione

| Pubblicato il lunedì 20 Gennaio 2025

Mafia, niente permesso ad Antonello Nicosia per la sua laurea: “Non è sicuro”

Un permesso che in prima battuta era stato accordato “considerato che l’esame di laurea può rientrare nella nozione di evento di eccezionale gravità”.
di Redazione
Pubblicato il Gen 20, 2025

Condannato in via definitiva a tredici anni di reclusione per mafia non potrà discutere la sua tesi di laurea, conseguita in carcere, per motivi di sicurezza. Protagonista della vicenda è l’agrigentino Antonello Nicosia, ex assistente parlamentare, figura chiave dell’inchiesta “Passe-partout”, l’indagine che ha fatto luce sulla famiglia mafiosa di Sciacca e sul ruolo di “messaggero” nelle carceri dell’ex esponente dei Radicali. Nicosia, che sta scontando la condanna nel carcere di Vicenza, aveva presentato nel novembre scorso la richiesta al magistrato di Sorveglianza di Verona di poter discutere la sua tesi di laurea in Scienze dell’amministrazione e dell’organizzazione a Roma.

IL PERMESSO E LA REVOCA

Un permesso che in prima battuta era stato accordato dal giudice Vincenzo Semeraro “considerato che l’esame di laurea può rientrare nella nozione di evento di eccezionale gravità”. Pochi giorni più tardi è intervenuto il Dap, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che ha chiesto – tramite il magistrato Oriana Tantimonaco – di revocare il provvedimento in quanto si rischiava di “non consentire di assicurare un idoneo servizio di vigilanza […] anche alla luce della pericolosità del soggetto in questione”. Dopo la revoca del permesso Nicosia ha presentato istanza al tribunale di Sorveglianza di Venezia che, lo scorso 11 dicembre, ha rigettato il ricorso confermando il no alla discussione di laurea: “Il permesso di necessità non può essere concesso, in quanto le ragioni dello stesso, pur meritevoli di considerazione ma, semmai, nell’ambito di un permesso premio ove ne ricorressero i requisiti di ammissibilità e meritevolezza, sono estranee alle ragioni che, per disposizione normativa, possono giustificare l’eccezionale istituto del permesso di necessità […] E non v’è dubbio che il conseguimento di un titolo di studio non riguarda le relazioni familiari”. La cerimonia di laurea di Nicosia è in programma il prossimo 25 gennaio all’Università La Sapienza di Roma, ateneo in cui non è previsto un collegamento da remoto per queste occasioni. A sollevare la questione è stato il senatore e capogruppo di Forza Italia nella commissione Giustizia e Politiche dell’Unione Europea: “La decisione della magistratura di sorveglianza si pone in contrasto con il principi costituzionali del fine rieducativo della pena e della sua umanità – dichiara Zanettin al Corriere della Sera -. L’amministrazione penitenziaria ha quindi il dovere di agevolare il diritto allo studio dei detenuti, e non di ostacolarlo”.

CHI È ANTONELLO NICOSIA

Antonello Nicosia era un insospettabile almeno fino al momento del suo arresto nell’operazione “Passe-partout”. Sebbene avesse avuto in passato problemi con la giustizia, lasciandosi alle spalle una condanna a dieci anni per traffico di droga, si era completamente dedicato alle battaglie per i diritti dei detenuti. Prima come esponente dei Radicali poi come collaboratore della parlamentare Giusi Occhionero, ruolo che gli ha permesso di entrare nelle carceri senza alcun problema e veicolare messaggi, incontrare detenuti a cui dava consigli, accertandosi che non si pentissero. Grazie al rapporto con la Occhionero, ad esempio, Nicosia ha incontrato boss detenuti al 41 bis come Filippo Guttadauro, cognato di Messina Denaro. Le indagini hanno indicato Nicosia come un uomo “pienamente inserito in Cosa nostra”. Stretta la sua vicinanza ad Accursio Dimino, alias “Matiseddu”, condannato in questa stessa inchiesta a 17 anni di carcere per essere il nuovo capo della famiglia mafiosa di Sciacca. “Matiseddu” è stato condannato due volte per associazione mafiosa. Nel 2010 la Dia gli ha sequestrato beni per oltre un milione. Nel 1996, è stato condannato a 10 anni di reclusione per associazione mafiosa, detenzione illecita di armi e danneggiamento. Prima di essere arrestato, la prima volta, nel 1993, insieme ai fratelli gestiva un’attività di commercio di prodotti ittici e faceva il docente di educazione fisica in diversi istituti scolastici statali. Scarcerato il 12 aprile 2004 e ritornato a Sciacca, Dimino, secondo gli inquirenti aveva ripreso i suoi contatti con i boss.

di Redazione
Pubblicato il Gen 20, 2025


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