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Custodiva le armi del clan di Villaseta, l’operatore ecologico si difende: “Non sono mie”

Si avvale della facolta’ di non rispondere ma rilascia dichiarazioni spontanee con cui nega ogni addebito: “Quelle armi non sono mie, sono state trovate al di fuori del recinto della mia casa di campagna e chiunque poteva arrivarci e nasconderle”. Il netturbino 48enne Alessandro Mandracchia si difende cosi’ all’interrogatorio di convalida dell’arresto davanti al gip Iacopo Mazzullo.

L’indagato, assistito dal suo legale Teresa Alba Raguccia, pur non rispondendo alle domande ha provato a convincere il giudice di non essere l’armiere del clan di Villaseta. Sabato, all’interno di un bidone nascosto nei pressi della sua abitazione di campagna in contrada Fondacazzo, sono stati trovati una pistola mitragliatrice calibro 9, 3 revolver di vario calibro, una penna – pistola, vario munizionamento, nonche’ una bomba a mano fatta brillare dagli artificieri perche’ ritenuta molto pericolosa. Le indagini, come fatto sapere dai carabinieri, passeranno alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo “nell’ottica della piu’ stretta collaborazione – si legge in una nota del comando provinciale dell’Arma -, come segnalato dalla Procura di Agrigento, e come avvenuto in occasione del recente sequestro di una rilevantissima somma di denaro, operato nei giorni scorsi nei confronti di due dei fermati nell’operazione”.

Nel corso di un’altra perquisizione, infatti, nei confronti di un 72enne di Agrigento, zio del presunto capomafia di Villaseta Pietro Capraro, sono stati trovati circa 80.000 euro in contanti. L’uomo, e’ stato denunciato per riciclaggio. La figura di Mandracchia torna a distanza di un mese da un altro episodio: il netturbino, insieme al collega di Guido Vasile – presunto affiliato mafioso di Villaseta, finito in carcere martedi’ nel blitz che avrebbe disarticolato le famiglie mafiose della frazione agrigentina e di Porto Empedocle – era stato fermato in auto con 120 mila euro in contanti. Gli inquirenti, che indagavano dal 2021, ipotizzano che i due, fermati all’altezza di Palma, stessero andando a Gela a pagare una partita di droga. Mandracchia, in quella circostanza, si era difeso sostenendo che aveva trovato i soldi in un’aiuola mentre faceva il suo lavoro di operatore ecologico.

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Redazione