Storie che si intrecciano su tutto il territorio di Agrigento e che incrociano i destini mafiosi nella terra di Andrea Camilleri. La mafia di Villaseta e quella di Porto Empedocle messe a nudo dall’operazione che ad inizio di settimana ha portato in carcere una trentina di persone compresi i personaggi di maggior rilievo dei due clan mafiosi: Fabrizio Messina per la Vigata molto cara allo scrittore empedoclino e Guido Vasile per la Girgenti di Pirandello.
Clamorosa quanto la retata (e forse più) la scoperta di un micidiale arsenale che era stato nascosto all’interno di un bidone sotterrato a poca distanza dall’abitazione di campagna di Alessandro Mandracchia, 48 anni, operatore ecologico ritenuto vicinissimo a Vasile e non solo perché abitano nello stesso immobile con le porte di casa l’una di fronte all’altra.
Dentro il contenitore erano state riposte: una pistola mitragliatrice cal. 9, tre revolver di vario calibro, una penna – pistola, munizionamento, nonché una bomba a mano. Immediatamente l’attenzione degli inquirenti è stata riposta sulla pistola mitragliatrice cal. 9, una sorta di Kalašnikov ancor più maneggevole ed ugualmente micidiale. L’arma (ed anche le altre) è stata già inviata agli specialisti del Ris di Messina per gli accertamenti del caso. In primo luogo si cercherà di stabilire se è la stessa arma che due settimane fa è stata usata per compiere un atto intimidatorio ai danni di un negozio di frutta e verdura accanto allo stadio Esseneto di Agrigento. Oltre trenta i colpi calibro 7,62×39 esplosi con un’arma da guerra terrificante.
Il luogo dell’attentato ai danni del negozio di frutta e verduraIl luogo dell’attentato ai danni del negozio di frutta e verduraIl luogo dell’attentato ai danni del negozio di frutta e verduraUna circostanza che ovviamente adesso alza il livello di allerta non fosse altro perché potrebbe divenire lampante il fatto secondo cui le cosche agrigentine, di Villaseta in particolare, stanno giocando una partita sopra le righe approfittando dell’attuale stato di difficoltà che, a causa della morte di vecchi boss (Lillo Lombardozzi) e la carcerazione di altri (Antonio Massimino su tutti), permette qualche azione al di fuori delle regole come ad esempio il tentativo di estorsione al bar Plano, sito in territorio di Porto Empedocle e quindi sotto la “giurisdizione” di Fabrizio Messina ad opera di villasetani.
Ma come è stato possibile che i carabinieri del ten. Col. Vincenzo Bulla due giorni dopo la retata e non contestualmente, siano arrivati a scoprire e sequestrare il micidiale arsenale (e 80 mila euro in contanti custoditi da Luigi Prinzivalli)?
Difficile comprenderlo adesso, anche se presto verrà a galla la verità. Una soffiata o solo brillante lavoro investigativo?
Certo, l’uomo ritenuto il custode delle armi del clan, Alessandro Mandracchia non è un personaggio misterioso per i carabinieri. Anzi. Da tempo monitorato dai militari dell’Arma, il suo nome compare, e per fatti gravi, nel provvedimento di fermo eseguito martedì scorso. Infatti, hanno riassunto i pubblici ministeri nel loro atto di accusa che ad ulteriore conferma dell’operatività della famiglia mafiosa di Agrigento Villaseta (nonché dell’inserimento a pieno titolo di Gaetano Licata e Guido Vasile) va segnalato il recentissimo episodio datato 23 novembre 2024 allorquando personale della Sezione Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Licata, lungo la SS 115, ha controllato l’autovettura Fiat Tipo guidata da Guido Vasile e che aveva come passeggero Alessandro Mandracchia. A seguito di perquisizione, all’interno dell’autovettura, è stato rinvenuto un sacchetto per la spesa contenente denaro contante pari a 120.000 euro. Nel frangente Alessandro Mandracchia, visibilmente agitato, riferiva cli aver trovato il denaro sui gradini della via Oblati cli Agrigento, mentre svolgeva il suo lavoro di operatore ecologico. La somma rinvenuta veniva posta in sequestro e Vasile e Mandracchia segnalati alla Procura della Repubblica.
I carabinieri, inoltre, nel corso di questi ultimi mesi hanno anche accertato che Alessandro Mandracchia ha accompagnato Guido Vasile a Porto Empedocle per incontrare Fabrizio Messina.
Adesso, l’arresto che probabilmente non è stato sollecitato dagli investigatori con il provvedimento di fermo proprio per costringere, dopo la retata, i sospettati rimasti ancora in libertà a compiere passi falsi. Identico ragionamento va fatto per l’ulteriore sequestro di denaro patito da Luigi Prinzivalli (nella retata è stato arrestato il figlio Calogero, classe 1988).
Bisognerà avere un po’ di pazienza per capire qualcosa in più e poter contare su un quadro probatorio ancora più robusto. Di certo, notevole è la sorpresa di vedere Pietro Capraro, Gaetano Licata e Guido Vasile ai vertici – secondo gli investigatori – del clan di Villaseta. Tuttavia, bisogna prenderne atto specialmente se le perizie balistiche disposte per verificare l’uso delle armi sequestrate ed in particolare della pistola mitragliatrice. Se dovesse essere la stessa dell’attentato ai danni del negozio di frutta e verdura di via Ugo La Malfa, allora comincerà un’altra storia. Mafiosa, naturalmente.