Da piccolissimo si era trasferito da Palma di Montechiaro a Roma dopo l’omicidio del padre e nella capitale, col tempo, era riuscito a ritagliarsi uno spazio non indifferente nella “mala” anche grazie ai rapporti con la famigerata Banda della Magliana e, in particolare, con il boss Renatino De Pedis. La scalata al potere di Salvatore Nicitra, 67 anni, di Palma di Montechiaro, è stata lunga. La conquista della Capitale è stata sanguinosa e dolorosa: chi si opponeva, moriva. Ma nella strada verso il potere si sono contate anche perdite. Nel 1993 gli vengono uccisi un figlio di appena 11 anni ed un fratello, scomparso con il metodo della lupara bianca. Poi la pacificazione, niente più morti ammazzati ma business e soldi a palate. Nicitra alla fine degli anni duemila non solo è “quinto re di Roma“, padrone indiscusso del quadrante nord tra Primavalle e Montespacco, ma anche il capo di una holding specializzata nel gioco d’azzardo on-line. Un vorticoso giro di affari di milioni e milioni di euro.
LE ACCUSE
Oggi la procura di Roma, con il pm Stefano Luciani, gli presenta il conto chiedendo nei suoi confronti la condanna a 18 anni di carcere. Richieste di condanna che il pubblico ministero ha avanzato anche nei confronti di altre 28 persone. Sarebbero i protagonisti del sodalizio criminale in grado di gestire e controllare attività economiche nel settore del gioco d’azzardo, destinando parte degli introiti all’usura e recuperando, attraverso metodi estorsivi, i crediti derivanti da tale attività. Ma anche riciclare ingenti somme di denaro, attraverso importanti centri finanziari internazionali, e reimpiegare nell’economia legale con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
LE RICHIESTE DI CONDANNA
La procura di Roma ha chiesto, dunque, 29 condanne: Salvatore Nicitra (18 anni), 67 anni, di Palma di Montechiaro; Carlo Bartocci (2 anni), 62 anni, di Napoli; Angelo Bocchi (2 anni e 6 mesi), 49 anni, di Roma; Egidio Cristiano (2 anni e 6 mesi), 66 anni, di Senise; Massimo Caucci (6 anni e 7 mesi), 67 anni, di Roma; Antonio Dattolo (10 anni), 45 anni, di Rocca di Neto; Massimiliano De Santis (4 anni e 3 mesi), 46 anni, di Roma; Giorgio Dell’Anna (2 anni e 6 mesi), 38 anni, di Copertino; Alfredo Di Giuseppe (2 anni e 6 mesi), 47 anni, di Bracciano; Federico Fantilli (4 anni e 6 mesi), 41 anni, di Roma; Daniele Ferri (8 anni), 47 anni, di Roma; Franco Gambacurta (7 anni e 6 mesi), 72 anni, di Montefalco; Francesco Inguanta (12 anni), 69 anni, di Palma di Montechiaro; Francesca Inguanta (8 anni), 84 anni, di Palma di Montechiaro; Rosario Inguanta (9 anni), 35 anni, di Palma di Montechiaro; Pierre Quentin Lanier (6 anni), 32 anni, residente a Roma; Michele Lombardini (2 anni e 6 mesi), 53 anni, di Novellara; Monica Losavio (6 anni), 58 anni, di Roma; Massimo Maccioni (9 anni), 43 anni, di Roma; Davide Mercurio (8 anni e 6 mesi), 43 anni, di Roma; Franco Mosaici (6 anni), 81 anni, di Sassoferrato; Rita Nicitra (8 anni), 45 anni, di Palma di Montechiaro; Luciano Patitucci (8 anni), 58 anni, di Roma; Marco Pellegrini (7 anni), 36 anni, di Roma; Marco Peretti (4 anni e 6 mesi), 39 anni, di Roma; Anne Chantal Richard (6 anni), 54 anni, residente a Roma; Stefano Siciliani (3 anni), 63 anni, di Roma; Andrea Verdozzi (8 anni), 51 anni, di Roma; Rosario Zarbo (9 anni), 62 anni, di Palma di Montechiaro.
GLI OMICIDI E LA STIDDA
L’inchiesta Jackpot, oltre a svelare una holding criminale dedita al gioco d’azzardo e al riciclaggio, ha portato alla luce anche alcuni omicidi compiuti negli anni 80 e fino ad ora mai risolti. Nicitra, per questi fatti, è imputato insieme al collaboratore di giustizia Giovanni Calafato e al palmese Calogero Farruggio in un processo che si celebra separatamente ed è in corso davanti la terza sezione della Corte di Assise di Roma presieduta dal giudice Antonella Capri. Sono cinque i delitti risalenti agli anni ottanta: si tratta di quattro omicidi e un tentativo di assassinio – di cui Nicitra sarebbe proprio il mandante – che gli avrebbero letteralmente “spianato” la strada per la conquista del territorio. Decisive, per fare luce sui delitti, le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che nel tempo hanno fornito un importante contributo. Tra le figure più importanti in tal senso emerge sicuramente quella di Giovanni Calafato, ex membro della Stidda coinvolto in seguito anche nell’omicidio del giudice Livatino (21.09.1990, Calafato era in carcere ad Agrigento): il 28 ottobre 2015 rivela ai magistrati che indagano su Nicitra di aver partecipato ad alcuni di questi delitti accusandosi di fatto di essere l’esecutore materiale dell’omicidio di Valentino Belardinelli, ucciso nel 1988 mentre rincasava (armato) con la fidanzata. Valentino Belardinelli era il fratello di Roberto “Bebo” Belardinelli, pezzo da novanta della mala di Roma nord entrato in contrasto con Nicitra (entrambi vicini a Renatino De Pedis) operando nello stesso territorio. Bebo Belardinelli era rimasto vittima di un agguato il 12 novembre 1988 quando più uomini armati esplosero numerosi colpi contro lui e Paolino Angeli, deceduto nell’immediato, e Franco Martinelli, che rimase ferito ma si salvò. Fatta luce anche sull’omicidio di Giampiero Caddeo, morto nel 1983 nell’ospedale psichiatrico di Aversa: una parete divisoria della sua cella era crollata per l’esplosione della bomboletta di un fornello a gas, innescata da Nicitra per uccidere proprio Roberto Belardinelli che, in quel momento, era pero’ assente. Non solo Giovanni Calafato. Altri collaboratori di giustizia hanno fornito, nel corso del tempo, importanti spunti investigativi sulla figura di Nicitra. Dai pentiti storici della Banda della Magliana – Maurizio Abbatino, il “Freddo” della serie Romanzo Criminale”, e Antonio Mancini – a Giuseppe Marchese, cognato di Leoluca Bagarella, fino ad arrivare a Giuseppe Croce Benvenuto di Palma di Montechiaro.