Nonostante la lunga detenzione sofferta, a 70 anni Antonio Giuseppe Trigila, secondo l’accusa della Dda della Procura di Catania, continuava a dirigere l’omonimo clal siracusano dal carcere, duranti i colloqui con familiari. “Estremamente significativa – sottolineano i magistrati parlando dell’operazione ‘Robin Hood’- era la spiegazione che lo stesso esponente mafioso forniva a una nipote, della sua attivita’ delinquenziale: ‘Loro dicono per mafiosita’, invece io sono un contrasto dello Stato!…che cosa significa contrasto dello Stato?” .
Avere il ‘monopolio’ di ampi settori economici fondamentali in Sicilia, come quello dell’intermediazione imposta nel settore dei trasporti dei prodotti agricoli, le estorsioni agli operatori economici e nell’acquisizione di fondi agricoli finalizzati alle richieste di contributi europei. Oltre al redditizio traffico di droga. Tra i soggetti in posizione apicale nel clan e’ collocato Giuseppe Crispino, 43 anni, ritenuto dalla Dda di Catania il “reggente in liberta’ del sodalizio” e al quale, fino all’arresto avvenuto nel luglio 2018, era stata affidata la raccolta dei proventi illeciti necessari al sostentamento dell’associazione, il pagamento degli stipendi alle famiglie dei detenuti, la detenzione delle armi e la conduzione di estorsioni e traffico di sostanze stupefacenti. Fu arrestato perche’ trovato in possesso di 650 grammi di cocaina e di 4 pistole illegalmente detenute: la prova, secondo gli investigatori, di come il sodalizio fosse operativo e detenesse un arsenale cui attingere in caso di necessita’.
Uomini di fiducia erano collocati nei comparti ritenuti nevralgici: Giuseppe Caruso, 57 anni di Avola, grazie ai contatti con le aziende di autotrasporti che operavano nella zona sud della provincia e in quella di Ragusa, aveva il compito di raccogliere i versamenti di denaro imposti agli operatori per lavorare senza incorrere in problemi. Tre gli episodi di estorsione contestati. Caruso, con le minacce, avrebbe impedito ai trasportatori di lavorare liberamente in quello che egli stesso definiva il “suo” territorio ovvero costringeva autotrasportatori e aziende ad avvalersi della sua attivita’ di intermediazione o a versargli somme di denaro (“ma chi ve l’ha data questa autorizzazione” – ” io sto prendendo i bins e gli sto dando fuoco ora stesso, subito. E qua non ci deve entrare nessuno, se prima non ve lo dico io, perche’ il padrone (…) sono io”). Ad Angelo Monaco, 26 anni, nipote di Antonio Trigila, di recente inserimento nell’organigramma mafioso, venivano affidati gli affari relativi all’acquisizione e al controllo dei fondi agricoli.