Su delega della Procura della Repubblica di Catania diretta dal procuratore capo Zuccaro, circa quattrocento militari del Comando Provinciale di Catania, supportati dai reparti specializzati dell’Arma dei Carabinieri (Compagnia di Intervento Operativo del XII° Reggimento “Sicilia”, Squadrone eliportato “Cacciatori” Sicilia, Nucleo elicotteri, Nucleo cinofili) hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Catani, Anna Maria Cristaldi, nei confronti di 68 soggetti indagati, a vario titolo, per i reati associazione a delinquere finalizzata al furto di autovetture oggetto di successiva estorsione con il metodo del c.d. “cavallo di ritorno” o di ricettazione, associazione di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, acquisto e detenzione di sostanza stupefacente ai fini di spaccio e detenzione illegale di armi e munizioni.
L’indagine, denominata “Carback” e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia (procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e sostituti Antonella Barrera e Andrea Norzi) è stata condotta dal Nucleo operativo della Compagnia Carabinieri di Catania Fontanarossa da settembre 2020 a marzo 2021 e trae origine da una approfondita e qualificata attività di analisi sui furti di autovetture, avvenuti nei precedenti mesi di giugno e luglio, spesso rinvenute dopo qualche giorno in modo apparentemente casuale.
Un primo filone di indagine, che si è proficuamente sviluppato grazie ai riscontri effettuati e all’attività tecnica svolta, ha permesso di delineare l’esistenza di una collaudata organizzazione, costituita da 45 persone, dedita alla commissione di furti, estorsioni e ricettazioni, con il coinvolgimento anche di un soggetto gravemente indiziato di appartenere al clan dei “Cursoti milanesi”. In seno al sodalizio criminale operavano tre batterie di ladri, responsabili di 54 furti, attive nelle zone di Monte Pò, San Giorgio e San Cristoforo sulla base di taciti accordi che prevedevano una chiara suddivisione del territorio per lo svolgimento “coordinato” delle loro attività delittuose. La batteria di Monte Pò operava nel quartiere Nesima di Catania e nei paesi etnei, quella di San Giorgio concentrava i propri interessi nella zona di Catania centro, mentre la batteria di San Cristoforo aveva “competenza” esclusiva sui centri commerciali del capoluogo.
Facevano parte dell’organizzazione criminale anche alcuni soggetti con il ruolo di intermediari che venivano contattati dalle vittime, direttamente o per il tramite di conoscenti, affinché si adoperassero per avviare l’iter per la restituzione del mezzo.
L’importo di ciascuna delle 33 estorsioni documentate poteva variare tra 300 e 1.500 euro in base al modello e alle condizioni dell’autovettura, al numero di persone intervenute nell’intermediazione ed al rapporto di conoscenza tra gli indagati e la vittima del furto.
I veicoli rubati venivano lasciati in sosta sulla pubblica via, nel pieno rispetto di una regola non scritta in base alla quale ciascuna batteria, prima di disporre del mezzo, attendeva almeno tre giorni, per i seguenti motivi: concedere un congruo periodo di tempo al proprietario del veicolo rubato per mettersi in contatto con la batteria responsabile del furto ed intavolare l’illecita trattativa. Il cavallo di ritorno rappresentava, infatti, l’obiettivo principale in quanto garantiva all’associazione importi immediati e riduceva significativamente i rischi connessi alla gestione del mezzo (custodia, trasporto e altro); poter rimediare ad eventuali “torti”, qualora l’autovettura rubata fosse appartenuta a personaggi di particolare caratura criminale o persone a loro vicine, provvedendo all’immediata restituzione del mezzo; essere certi dell’assenza di eventuali dispositivi Gps nascosti e non individuati durante la “bonifica” del mezzo, scongiurando in tal modo il rischio di essere scoperti dalle Forze di Polizia.
Qualora le estorsioni non fossero andate a buon fine, trascorsi i tre giorni, le autovetture rubate venivano destinate alla ricettazione, anche fuori Provincia, per la successiva immissione nel fiorente mercato nero di veicoli e parti di ricambi.
In tale ambito investigativo, sono state deferite all’A.G. 13 persone per favoreggiamento personale, avendo fornito alla polizia giudiziaria informazioni palesemente false e fuorvianti, aiutando in tal modo gli autori del reato ad eludere le indagini.
Un secondo filone investigativo, nel quale sono rimaste coinvolte 30 persone, ha riguardato un ingente traffico di sostanze stupefacenti gestito da un gruppo criminale – con a capo un soggetto gravemente indiziato di appartenere al clan mafioso “Cappello” – che poteva contare anche sulla disponibilità di armi e munizioni. Al riguardo, sono state censite e monitorate n. 2 piazze di spaccio ubicate una nel quartiere “Librino” e l’altra nel quartiere “San Giorgio”, nelle quali si smerciava sostanza stupefacente tipo cocaina, per un volume di affari di oltre € 1.000 giornalieri per ciascuna piazza.
Gli associati coinvolti in entrambi i filoni d’indagine avrebbero condiviso la medesima base logistica, costituita da un autonoleggio ubicato nel quartiere di San Giorgio, luogo in cui si concretizzavano accordi, incontri e pagamenti relativi alle attività illecite concernenti il furto dei veicoli finalizzato alle estorsioni o ricettazioni, ma soprattutto sito in cui avvenivano le contrattazioni riguardanti ingenti quantitativi di cocaina, venduta all’ingrosso a circa € 42.000 al kg e consegnata ai “grossisti” in vari punti della città per essere evidentemente destinata al rifornimento di altre piazze di spaccio presenti nel capoluogo etneo o in altre Province.
Gli arrestati (in carcere):
Arresti domiciliari: