Si sono quasi tutti avvalsi della facoltà di non rispondere gli indagati coinvolti nell’inchiesta sui clan mafiosi di Villaseta e Porto Empedocle che ha portato negli scorsi giorni al fermo di trenta persone. In diciotto sono comparsi questa mattina davanti a tre giudici diversi per l’interrogatorio di garanzia e la linea difensiva è stata pressoché identica: il silenzio. Soltanto uno degli indagati, Nicolò Vasile, difeso dall’avvocato Ninni Giardina, ha risposto alle domande respingendo le accuse mosse nei suoi confronti.
Alcuni difensori hanno poi avanzato alcune richieste. È l’esempio di Guido Vasile, 66 anni, ritenuto un membro della famiglia mafiosa di Villaseta. Gli avvocati Salvatore Cusumano e Pietro Maragliano hanno chiesto al giudice di sostituire la misura della custodia in carcere con quella dei domiciliari per motivi di salute. I gip Giuseppe Miceli, Giuseppa Zampino e Micaela Raimondo decideranno entro domani pomeriggio se convalidare o meno il fermo e quali eventuali misure cautelari disporre.
L’operazione è scattata nella notte tra lunedì e martedì quando i carabinieri – su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo – hanno eseguito un provvedimento di fermo nei confronti di trenta persone. In realtà 23 considerando che quattro indagati sono già detenuti e tre si trovano all’estero. L’inchiesta avrebbe fatto luce sul riassetto delle cosche di Villaseta e Porto Empedocle oltre che a definire un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Contestati, a vario titolo, altri reati quali estorsione, minaccia e rapina tutti aggravati dall’agevolazione e dal metodo mafioso.