Si è aperto questa mattina, davanti i giudici della seconda sezione penale della Corte di Appello di Palermo presieduta da Raffaele Malizia, il processo di secondo grado scaturito dall’inchiesta “Condor”, l’operazione che all’inizio del 2023 fece luce sul riassetto di Cosa nostra e Stidda nella parte orientale della provincia di Agrigento.
Nove le persone che siedono sul banco degli imputati, tutte condannate nel giudizio di primo grado per un totale di oltre ottanta anni di reclusione: si tratta di Giuseppe Chiazza (20 anni di reclusione), ritenuto l’astro nascente della Stidda di Palma di Montechiaro; Nicola Ribisi (14 anni, 2 mesi e 20 giorni) e Giuseppe Sicilia (9 anni, 10 mesi e 15 giorni), ritenuti rispettivamente i capi delle famiglie di Cosa nostra di Palma di Montechiaro e Favara; Domenico Lombardo (10 anni e 4 mesi); Luigi Montana (3 anni, 6 mesi e 20 giorni); Luigi Pitruzzella (7 anni e 8 mesi); Baldo Carapezza (6 anni e 8 mesi); Rosario Patti (5 anni); Francesco Centineo (4 anni e 2 mesi e 20 giorni); Ignazio Sicilia (2 anni e 8 mesi).
Gli avvocati della difesa (Salvatore Cusumano, Giuseppe Barba, Valerio Vianello Accorretti, Luca Cianferoni, Raffaele Bonsignore, Santo Lucia, Salvatore Manganello, Salvatore Di Caro, Massimiliano Riga) hanno avanzato richiesta alla Corte di poter sentire in aula alcune delle persone offese indicate nel procedimento oltre ad una perizia relative alle intercettazioni. I giudici scioglieranno la riserva all’udienza del prossimo 16 gennaio.
L’operazione Condor è scattata nel gennaio 2023 quando i carabinieri del Ros, insieme ai militari del Comando provinciale di Agrigento, arrestarono nove persone. L’inchiesta, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, ha puntato i riflettori sul riassetto delle famiglie mafiose di Cosa nostra e della Stidda nella parte orientale della provincia di Agrigento e, in particolare, tra Favara, Palma di Montechiaro, Licata e Canicattì. I militari dell’Arma, durante le indagini, hanno raccolto importanti indizi sul controllo delle attività economiche nel territorio di Palma di Montechiaro, con riferimento al settore degli apparecchi da gioco e delle mediazioni per la vendita dell’uva (le cosiddette sensalie), e delle “messe a posto” a Favara con danneggiamenti a seguito di incendio. Le accuse – a vario titolo – sono associazione di tipo mafioso, estorsione, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.