La Procura di Siracusa indaga sul ritrovamento dei Bronzi di Riace e ha aperto un fascicolo – senza indagati – per ricostruire quanto accaduto nel 1971 al largo di Brucoli, dove sarebbero stati trovati i due capolavori, come ipotizzarono negli anni Ottanta gli archeologi americani Robert Ross Holloway e Anne Marguerite McCann. Lo scrive la Gazzetta del Sud.
Di recente alcune testimonianze confermerebbero quello che 40 anni fa era un sospetto: “Galeoni spagnoli, anfore, c’era un po’ di tutto nei fondali al largo di Siracusa – spiega Mimmo Bertoni, figlio del titolare del ristorante Trotilon di Brucoli -. Avevo 10 anni e Jacques Cousteau, che girava un documentario, venne a trovare mio padre. Per condurre le sue ricerche si avvaleva di sommozzatori romani e calabresi. Secondo me si accorsero delle statue ma non dissero nulla”. Bertoni sostiene di aver visto trasbordare da “una barca piccola a una grande quattro statue, coperte, su una si vedeva la lancia, l’elmo e lo scudo. È un ricordo che avevo quasi rimosso. Ma anche altre persone lo hanno confermato”. Una fotografia è stata spedita in forma anonima ad alcune redazioni: ritrae una statua di bronzo di due metri somigliante al “Bronzo A” sorretta da due sommozzatori. Sullo sfondo la Brucoli del 1971, l’Etna e una nave ormeggiata.
Per Anselmo Madeddu, medico, esperto di storia e di bronzistica greca, che si è avvalso nel suo studio della collaborazione dell’università di Catania, “non sempre il luogo di produzione corrisponde al luogo di collocazione. C’è una grande differenza tra le terre interne e quelle di saldatura dei vari pezzi anatomici: potrebbero essere stati fabbricati in un posto e collocati in un altro. Le terre delle saldature, indicative del luogo di collocazione, sono risultate dal punto di vista geochimico comparabili con limi campionati nell’area siracusana”. Nell’intrigo figurerebbero anche un boss siculo-calabro, e un gruppo di trafficanti di reperti archeologici con collegamenti in Italia e in America.