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Tenta di strangolare la moglie: arrestato

La Procura distrettuale della Repubblica di Catania, nell’ambito dell’attività investigativa svolta dai Carabinieri della Stazione di Paternò a carico di un 36 enne paternese, pregiudicato, indagato per “maltrattamenti in famiglia” e “tentato omicidio”, ha richiesto ed ottenuto dal Gip del Tribunale di Catania, nei suoi confronti, la misura della custodia cautelare in carcere.

Le indagini, coordinate dal pool di magistrati qualificati sui reati che riguardano la violenza di genere, in uno stato del procedimento nel quale non è ancora intervenuto il contraddittorio con l’indagato, hanno fatto luce sulle condotte violente dell’indagato nei confronti della moglie, ripetute dal 2021 fino al 8 luglio 2024. La vittima aveva denunciato il marito nell’agosto 2023, quando lui l’aveva chiusa fuori di casa e dopo che la donna era riuscita a rientrare, grazie all’aiuto dei parenti, l’aveva addirittura spintonata e fatta cadere in terra, causandole un lieve trauma cranico. Tuttavia, la signora aveva deciso di non dare corso alla vicenda ritirando la denuncia, perché il marito le aveva garantito che avrebbe seguito un percorso riabilitativo, disintossicandosi dall’uso di sostanze stupefacenti.

Dopo un mese di ricovero in una comunità in Calabria, però, il 36 enne aveva deciso di non completare il percorso terapeutico e tornare a Paternò, dove lei lo aveva riaccolto in casa, nella speranza di recuperare la relazione; tuttavia, dopo soltanto due mesi, lui l’avrebbe aggredita verbalmente, con scenate di immotivata gelosia, pretendendo peraltro di avere un controllo sulla sua vita sia nel dirle come vestirsi, sia costringendola a chiamarlo durante ogni spostamento dall’abitazione al luogo di lavoro.

Durante le ultime settimane, infine, lui avrebbe cominciato a chiudersi frequentemente a chiave nel bagno di casa, anche per ore intere, uscendone in evidente stato di alterazione dovuta all’assunzione di droghe. I tentativi della moglie di farlo uscire sarebbero così culminati con schiaffi alla testa, morsi e strattoni e, in una occasione, lui l’avrebbe anche afferrata per il collo, trascorrendo così tutte le notti facendo la spola tra la camera da letto e il bagno.

I primi giorni di luglio, dopo aver trascorso la notte camminando su e giù per la casa, all’alba avrebbe minacciato la moglie dicendo: “Ora ti faccio morire”, quindi, dopo averle coperto gli occhi con una mano, con l’altra avrebbe tentato di strangolarla, non riuscendoci soltanto grazie all’intervento della figlia minorenne e della cognata, che abita al piano superiore, le quali, udite le urla della donna, sarebbero accorse in suo aiuto. La vittima sarebbe riuscita, in questo modo, a divincolarsi rifugiandosi in bagno dove, però, l’uomo l’avrebbe subito raggiunta, chiudendosi all’interno con lei e prendendola a schiaffi, dopo averla afferrata forte per un braccio, per poi farneticare di una presunta relazione extraconiugale della moglie, addirittura accusandola di indossare i pantaloni dell’amante.

In quei concitati momenti, la cognata della coppia, per poter liberare la donna e farla uscire dal bagno, avrebbe detto all’uomo che la loro figlia si sentiva male e, solo grazie a questo stratagemma, lui avrebbe aperto la porta, permettendo così alle tre donne di scappare e raggiungere l’appartamento del piano superiore, mentre lui avrebbe urlato: “E’ colpa tua, io non sono drogato, sei tu che mi hai fatto impazzire perché hai un altro e stavi indossando pure i suoi pantaloni”.

La gravità dell’ultimo episodio di violenza subito ha quindi convinto la vittima a querelare il marito; sono stati pertanto ascoltati dai Carabinieri di Paternò tutti i testimoni, che hanno fornito dichiarazioni precise in merito agli episodi di violenza, avvalorando le dichiarazioni della donna e permettendo in tal modo di ricostruire in maniera efficace il quadro indiziario che ha portato all’emissione della misura cautelare nei confronti dell’indagato.

Tutte le condotte maltrattanti poste in essere dal marito violento e prevaricatore sono state comunicate dai militari dell’Arma all’Autorità giudiziaria che, in ragione delle esigenze cautelari ravvisate, tenuto conto anche della rilevante gravità del tentativo di soffocare la moglie con le mani, ha deciso di adottare la misura della custodia cautelare in carcere.

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Redazione