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Ergastolo all’ex fidanzato di Lorena Quaranta: no alle attenuanti 

Carcere a vita e nessuna attenuante concessa. La Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria ha condannato all’ergastolo Antonio De Pace, l’infermiere calabrese che il 30 marzo 2020 ha ucciso Lorena Quaranta, l’aspirante medico di Favara. Nel nuovo giudizio di secondo grado, arrivato dopo l’annullamento della Cassazione limitatamente all’eventuale concessione delle attenuanti generiche, viene confermata la sentenza già emessa in primo grado e in Appello: ergastolo. La procura generale, invece, aveva chiesto la condanna dell’imputato a 24 anni di carcere con il riconoscimento delle attenuanti generiche. Una circostanza che, se fosse stata accolta, avrebbe evitato il carcere a vita a De Pace. L’iter giudiziario scaturito dal femminicidio di Lorena Quaranta è stato lungo e complesso. Dopo due sentenze di condanna all’ergastolo, infatti, tutto era stato rimesso in discussione dalla Cassazione che aveva annullato con rinvio la condanna per valutare la sussistenza delle attenuanti generiche divenute ormai note come “stress da covid”. I giudici ermellini, disponendo un nuovo processo, avevano chiesto di vagliare “se ed in quale misura lo stato di angoscia e la fonte del disagio rappresentata dal sopraggiungere dell’emergenza pandemica costituiscano fattori incidenti sulla misura della responsabilità penale.” Per la Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria, dunque, De Pace non è meritevole di alcuna attenuante. Accolta interamente la linea sostenuta sin dal principio dalla parte civile con in testa i familiari di Lorena Quaranta, rappresentati dall’avvocato Giuseppe Barba. Appena un mese fa il padre della vittima, Enzo Quaranta, aveva lanciato un appello ai giudici: “Mi affido alla Corte di Reggio Calabria che peraltro è presieduta anche da una donna. “La vera pena è l’ergastolo. Qual è la pena? Che esce e si fa una nuova vita? E la vita che ha tolto?”. Lorena Quaranta, giovane studentessa di Favara, viene uccisa da Antonio De Pace la notte del 31 marzo 2020 in un appartamento di Furci Siculo che i due giovani condividevano. È stato lo stesso infermiere calabrese a chiamare i carabinieri al telefono: “Venite, ho ucciso la mia fidanzata”. Il movente non è mai stato del tutto chiaro. De Pace ha infatti sostenuto, almeno nelle prime fasi delle indagini, di avere ucciso Lorena perché convinto di aver contratto il Covid-19 a causa sua.
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Redazione