L’omicidio dell’imprenditore Passafiume, i giudici: “Pasquale Salemi sa di cosa parla”

Redazione

| Pubblicato il martedì 22 Aprile 2025

L’omicidio dell’imprenditore Passafiume, i giudici: “Pasquale Salemi sa di cosa parla”

di Redazione
Pubblicato il Apr 22, 2025

Sono state depositate le motivazioni della sentenza con la quale la seconda sezione della Corte di assise di appello di Palermo ha confermato la condanna all’ergastolo nei confronti di Filippo Sciara, uomo d’onore di Siculiana, per l’omicidio di Diego Passafiume, imprenditore ucciso a Cianciana il 22 agosto 1993 davanti a moglie, cognata, suocera e nipoti. Un delitto che per quasi trent’anni è rimasto un cold case fino alla svolta arrivata nel 2016 con l’arresto di Sciara che sta già scontando altri ergastoli (anche) per essere stato uno dei carcerieri del piccolo Giuseppe Di Matteo. L’omicidio di Diego Passafiume, piccolo e onesto imprenditore edile, sarebbe maturato per l’interesse di alcune imprese mafiose di spartirsi i numerosi appalti che in quell’epoca vi erano nella bassa Quisquina e al rifiuto della vittima di piegarsi alle logiche di Cosa nostra. Il delitto Passafiume, infatti, sarà il primo di una lunga lista: sei quelli compiuti in quella porzione della provincia di Agrigento nel giro di un anno e mezzo. La vicenda è caratterizzata da un lungo e complesso iter giudiziario tra archiviazioni e riaperture delle indagini. Il processo a Filippo Sciara si basa sostanzialmente su due colonne portanti: il riconoscimento dei familiari (vedova e nipote) presenti durante l’agguato e le dichiarazioni del già collaboratore di giustizia Pasquale Salemi (deceduto tre anni fa) che definì il contesto e indicò il boss Giovanni Pollari, storico capomafia di Cianciana deceduto mentre stava scontando l’ergastolo, il mandante del delitto. Moglie e nipote della vittima, già nell’immediatezza dell’omicidio, fornirono importanti elementi utili. Anche i giudici di secondo grado, così come aveva fatto la Corte di assise di Agrigento, ha riconosciuto l’attendibilità di Pasquale Salemi che era stata messa in discussione dalla difesa dell’imputato anche alla luce di alcune “giravolte” di cui si era reso protagonista “maraschino”. 

Giovanni Pollari (ritenuto il mandante), Diego Passafiume (la vittima) , Filippo Sciara (l’esecutore materiale del delitto)

“PASQUALE SALEMI SA DI COSA PARLA”

Ecco cosa scrive la Corte di assise di appello di Palermo, presieduta dal giudice Angelo Pellino, in un passaggio della sentenza: “Ed invero, egli sa di cosa parla. Conosce la vittima, almeno quanto basta per riconoscerla senza esitazione nella foto che gli viene sottoposta; e gli elementi forniti sul suo conto non lasciano dubbi sull’identificazione della vittima, perchè riferisce che si trattava di un piccolo imprenditore edile di Cianciana, che aveva una pala e un escavatore e che fu ucciso in quel territorio prima dell’omicidio Panepinto. E non ci sono altri omicidi, tra quelli commessi all’epoca nella bassa Quisquina, che rispondano a quei connotati. Conosce bene il territorio, per avervi soggiornato entrando in contatto con i più autorevoli esponenti mafiosi della zona, e il contesto criminoso in cui ragionevolmente può inquadrarsi l’omicidio Passafiume come primo di una catena di delitti che avrebbe nei mesi successivi insanguinato quel territorio. Conosce il Capizzi al pari del Pollari, e gli consta dei rapporti di estrema vicinanza tra i due. Così come conosce bene Filippo Sciara e Giuseppe Renna che lui per primo ebbe ad indicare come esponenti di spicco delle famiglie mafiose del mandamento di Siculiana, come poi consacrato nei giudicati di condanna dei predetti per associazione mafiosa. Al processo “Alba” ha individuato in fotografia l’odierno imputato e lo ha riconosciuto anche dopo averne dato una descrizione che collima con quella fornita dagli altri collaboratori di giustizia che l’avevano conosciuto. E ha descritto altresì la casa di campagna di Sciara: un dato tutt’altro che marginale perché quella casa servì da base operativa per la commissione di due degli omicidi per cui lo Sciara ha riportato altrettante condanne; e, per uno di tali omicidi, quello di Gaspare Mallia, il ricordo del collaborante si ancora all’averlo lì incontrato insieme al gruppo di killer incaricato di provvedere all’esecuzione già programmata di Gaspare Mallia. Mentre per l’altro omicidio, quello di Riccardo Volpe, lo stesso Salemi è stato condannato in via definitiva per avere preso parte alle riunioni, o se si preferisce agli incontri in cui venne deliberata l’uccisione del Volpe, e si stabilì di commettere l’omicidio a Ribera e di affidarne l’esecuzione a uomini di Siculiana (e ai riberesi) [..] È vero anche che, alla luce dei dubbi e degli interrogativi sollevati dall’appellante, sarebbe stato opportuno approfondire certi temi come la natura dei rapporti che legavano il dichiarante allo Sciara (e al Renna), o le circostanze in cui ne avrebbe raccolto le confidenze sull’omicidio Passafiume. Ma è pur vero che non può addebitarsi al Salemi né tranne motivo di dubbio sull’attendibilità delle sue dichiarazioni per il fatto e dal fatto che quei temi non siano stati neppure lambiti da chi lo interrogò, come risulta dai verbali acquisiti [..] Detto questo, l’insieme delle risultanze non valgono a fornire i necessari eriscontri probanti alla chiamata indiretta in reità del Salemi nei riguardi dell’odierno imputato ma giustificano ampiamente una piena condivisione dell’apprezzamento positivo espresso dal giudice di prime cure, che già si è espresso in termini di elevatissima attendibilità di tale chiamata”.

Pasquale Salemi

L’OMICIDIO DI DIEGO PASSAFIUME 

Un delitto che per venticinque anni è rimasto un vero e proprio cold case sebbene almeno due dei testimoni oculari avessero fornito già all’epoca dei fatti precise descrizioni sul killer. Una rarità negli omicidi di mafia. Diego Passafiume, piccolo e onesto imprenditore del movimento terra, era ritenuto scomodo. Non si era piegato alle regole e alla prepotenza di Cosa nostra. Un appalto che faceva gola a molti, come tanti in quel periodo nella bassa Quisquina, avrebbe poi innescato la micidiale reazione. Era il 22 agosto 1993. Passafiume venne ucciso in contrada “Ponte padre Vincenzo” a Cianciana mentre si trovava in auto con moglie, suocera e nipoti. Tutti si stavano recando a casa di un parente per festeggiare il diciannovesimo anniversario di matrimonio.

I TESTIMONI OCULARI E IL COLLABORATORE DI GIUSTIZIA

L’impianto accusatorio, accolto interamente anche in Appello, si fonda sostanzialmente su due colonne portanti: il riconoscimento dei familiari presenti durante l’agguato e le dichiarazioni del già collaboratore di giustizia Pasquale Salemi che definì il contesto e indicò il boss Giovanni Pollari, storico capomafia di Cianciana deceduto mentre stava scontando l’ergastolo, il mandante del delitto. Moglie e nipote della vittima, già nell’immediatezza dell’omicidio, fornirono importanti elementi utili ma la svolta avviene nel 2016. Alla donna viene mostrato un album fotografico relativo al processo Akragas, la prima maxi inchiesta sulla mafia agrigentina. La signora riconosce la foto numero 66, l’assassino del marito: è Filippo Sciara: “Si, per la seconda volta dopo l’omicidio che ha fatto..l’ho visto per la seconda volta nella foto del mio avvocato”. Un secondo riconoscimento avviene circa un anno più tardi, questa volta nella sede del Reparto operativo dei Carabinieri di Agrigento. L’ultimo e decisivo riconoscimento, infine, durante il processo: “Ha sparato a mio marito.. al mille per mille..”.

CHI È FILIPPO SCIARA

Filippo Sciara è un nome noto nel panorama mafioso agrigentino. Elemento di spicco della famiglia mafiosa di Siculiana, ergastolano, indicato come uno dei carcerieri del piccolo Giuseppe Di Matteo durante la prigionia trascorsa in almeno quattro covi nella provincia di Agrigento. La svolta arriva il 7 settembre 2018 a distanza di venticinque anni dall’omicidio e dopo ben due archiviazioni: i carabinieri, in una indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, arrestano Sciara.

di Redazione
Pubblicato il Apr 22, 2025


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