Ravanusa, a tre anni dalla strage i soldi per la ricostruzione non sono mai arrivati (vd)

Redazione

| Pubblicato il mercoledì 11 Dicembre 2024

Ravanusa, a tre anni dalla strage i soldi per la ricostruzione non sono mai arrivati (vd)

Sono passati tre anni da quella notte che ha cambiato per sempre il volto di Ravanusa, paese di diecimila anima a est di Agrigento
di Redazione
Pubblicato il Dic 11, 2024

Nove morti, un bimbo che per pochi giorni non ha mai visto la luce, centinaia di sfollati e soltanto due superstiti. Sono passati tre anni da quella notte che ha cambiato per sempre il volto di Ravanusa, paese di diecimila anima a est di Agrigento. Il silenzio interrotto dal boato di una fortissima esplosione in via Trilussa. Le prime immagini consegnano un paese sfigurato, palazzine disintegrate, macerie. La gente che scende in strada in preda al panico, i soccorritori che cominciano a scavare a mani nude tra il cemento armato. Tra loro anche l’allora sindaco D’Angelo. Ci sono voluti tre giorni – tra temperature rigide e uno scenario apocalittico – per estrarre tutte le vittime. Il bilancio è pesantissimo.

Oggi, a distanza di tre anni, il sindaco Salvatore Pitrola riaccende le luci sulla disgrazia denunciando il mancato arrivo dei fondi promessi per la ricostruzione del quartiere: “A tre anni dalla strage che ha colpito la mia comunità i 24 milioni di euro, di cui tanto si è parlato, non sono ancora arrivati. Le persone che hanno perso la casa ancora le stanno aspettando. Si è fermata tra le maglie della burocrazia regionale, cambio di governo regionale e cambiamenti di periodi di programmazione. Adesso è il momento della concretezza, questa ferita va rimarginata subito perchè le persone adesso cominciano a non avere più fiducia.”

LE VITTIME

Il primo corpo ritrovato è stato quello di Pietro Carmina, professore di filosofia al Liceo Foscolo di Canicattì. Da tre anni era in pensione. Un suo discorso rivolto agli studenti, ripreso anche dal presidente della Repubblica Mattarella in occasione del discorso di fine anno alla Nazione, riecheggia ancora oggi:“Vorrei che sapeste che una delle mie felicità consiste nel sentirmi ricordato; una delle mie gioie è sapervi affermati nella vita. Una delle mie soddisfazioni la coscienza e la consapevolezza di avere tentato di insegnarvi che la vita non è un gratta e vinci: la vita si abbranca, si azzanna, si conquista.”. Maria Crescenza “Enza” Zagarrio e Calogera Gioacchina Minacori, per tutti Liliana, sono le altre due vittime ritrovate poche ore dopo il professore. Due, invece, le sopravvissute – le uniche – a questo inferno: le cognate Giuseppa Montana e Rosa Carmina. Entrambe, dopo essere state estratte dalle macerie, sono state ricoverate all’ospedale di Licata in buone condizioni ma con il terribile fardello di non conoscere i destini degli altri familiari coinvolti. Il 14 dicembre, tre giorni dopo l’esplosione, a Ravanusa ci sono 140 vigili del fuoco che scavano ancora tra le macerie. All’alba il ritrovamento di altri quattro cadaveri: Selene Pagliarello, trentenne infermiera in servizio all’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento, al nono mese di gravidanza, e Giuseppe Carmina, suo marito. Si erano sposati qualche mese prima dopo il rinvio a causa del covid. Poi la decisione di allargare la famiglia . Per il pargolo in grembo era stato scelto il nome di Samuele. Il piccolo sarebbe dovuto venire alla luce il 15 dicembre. Una tragedia nella tragedia. Insieme a quelli della giovane coppia sono stati ritrovati poi anche i cadaveri di Carmela Scibetta, moglie del professore Pietro Carmina, dirigente del comune di Ravanusa, e Angelo Carmina, padre di Giuseppe. Le ultime salme rinvenute in ordine di tempo sono state quelle di Calogero Carmina, 59 anni, e del figlio Giuseppe, 33 anni, sposato con due figli. Entrambi erano a pochi metri di distanza l’uno dall’altro nella zona del garage. Si erano visti proprio quel giorno con il figlio che aveva appena consegnato la macchina al genitore. Poi l’esplosione.

IL PROCESSO

Due rinvii a giudizio per l’esplosione, dell’11 dicembre del 2021, quando una gigantesca fuga di gas provoco’ l’esplosione che devasto’ un intero quartiere con 9 morti rimasti schiacciati sotto le macerie delle palazzine. A processo vanno due tecnici: Guido Catalano, l’ingegnere di 77 anni direttore tecnico della Siciliana Gas al momento della posa della condotta del metano nel luogo in cui avvenne l’esplosione nonche’, firmatario, nel 1999 del collaudo tecnico-amministrativo, e Carmelo Burgarello, 88 anni, responsabile tecnico della A.Mi.Ca. Srl, l’impresa incaricata dalla committente Siciliana gas di eseguire i lavori di messa in posa della tubazione “incriminata”. La decisione di disporre il processo e’ del giudice per l’udienza preliminare Giuseppa Zampino. Contestualmente e’ stata rigettata la richiesta della stessa procura di archiviare l’indagine a carico di dieci responsabili regionali e nazionali di Italgas iscritti per primi nel registro degli indagati. Proprio domani – 12 dicembre – ci sarà una nuova udienza. Catalano, che in un primo momento aveva chiesto il rito abbreviato, si era difeso negando ogni responsabilita’ e fornendo una versione del tutto alternativa, rispetto a quanto sostenuto dalla procura, sulle cause dell’esplosione. Aveva detto, in particolare, che la doppia deflagrazione non sarebbe stata causata dal metano fuoriuscito dalla rottura della condotta ma da uno sversamento di gpl che prima dell’esplosione si trovava in strada, sia in via Trilussa che in via Pascoli. Questa “perdita”, a suo dire, sarebbe derivata da una bombola presente nella zona che a un certo punto sarebbe esplosa provocando, a catena, la seconda e piu’ devastante esplosione, anch’essa non imputabile al metano ma, presumibilmente, sempre secondo la tesi dell’imputato, dalla presenza di benzina o di fertilizzante che si sarebbe trovato in una delle case saltate in aria in via Trilussa. Le responsabilita’ della fuga di gas, secondo l’ipotesi della procura, sarebbero da ricondurre a un difetto nella saldatura in un raccordo.

IL RICORDO

In memoria delle vittime dell’11 dicembre, la comunità di Ravanusa si incontrerà per celebrare una messa commemorativa in ricordo delle dieci vittime che hanno perso la vita nel terribile scoppio dell’11 dicembre 2021. Dopo la messa la comunità si ritroverà in via delle Scuole, luogo della tragedia, dove grazie alla lungimiranza del Sindaco Salvatore Pitrola e all’impegno delle associazioni Deep Sicily e Borgo Remise, è stata organizzata la performance site specific“Preghiera per il Ricominciamento”, un’iniziativa dall’alto valore culturale e civile, volta a suggerire alla comunità riunita un tentativo di “rinascita” e di “ricominciamento”. La musica va percepita come un “antiscoppio” che grazie al potere dell’armonia vuole coprire il tonfo assordante e letale, udibile ancora oggi nel silenzio delle visibili rovine. Un’iniziativa dal senso profondo e introspettivo che vuole fare emergere il valore sacro della vita. L’iniziativa “Preghiera per il Ricominciamento”, curata dalla storica dell’arte Dott.ssa Mara Jvonne Raia, Fondatrice di Deep Sicily, si configura come un’orazione in dieci simbolici momenti che saranno musicati dal violoncello di Manuel Zigante, della live electronics di Riccardo Mazza e dalla voce e parole di Maurizio Sazio.

di Redazione
Pubblicato il Dic 11, 2024


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