Nell’ambito di indagini coordinate dalla locale Procura, i finanzieri del Comando provinciale di Catania, con la collaborazione di funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – Direzione Territoriale VII Sicilia/Gruppo Operativo Regionale Antifrode e Ufficio delle Dogane etneo hanno dato esecuzione, nelle Province di Catania, Agrigento, Caltanissetta, Palermo e Ragusa, ai provvedimenti del Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale con cui sono state disposte misure cautelari personali e reali nei confronti di 15 soggetti, a vario titolo indagati per associazione a delinquere, sottrazione fraudolenta all’accertamento e al pagamento delle accise su prodotti energetici, emissione di fatture per operazioni inesistenti, frode in commercio e auto-riciclaggio. Il Gip ha disposto gli arresti in carcere Salvatore ‘Giovanni’ Giuffrida, di 41 anni, di Catania, e Andrea Russo, di 47 anni, di Paternò. Gli arresti domiciliari sono stati disposti per: Salvatore Gresta, di 57 anni, di Catania; Marco Guarnaccia, di 40 anni, di Catania, Giuseppe Pietro La Quatra, di 34 anni, di Licata; e Marco Lo Cascio, di 35 anni, di Partinico. Il gip disposto l’obbligo di dimora per: Rosario Falco, di 48 anni di Agrigento; Alfonso Farruggia, di 60 anni, di Agrigento; Salvatore Incardona, di 45 anni, di Palma di Montechiaro; Calogero Sambito, di 64 anni, di Palma di Montechiaro; Rocco Ferracane, di 55 anni, di Gela; Salvatore Chimenti, di 66 anni, di Valledolmo; Sciara Gianluca Valuto, di 43 anni, di Catania; e per un indagato per cui non sono state rese note le generalità, ma soltanto l’anno di nascita: il 1983. Quest’ultimo, assieme a Ferracane, è stato anche sottoposto al provvedimento della sospensione dall’esercizio di imprese per un anno; mentre Chimenti e Valuto anche all’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria
Le indagini, condotte da unità specializzate del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catania, hanno riguardato un sodalizio criminale dedito alla commercializzazione in evasione di Iva e accise, su vasta scala e in tutto il territorio della Regione Sicilia, di ingenti quantitativi di “gasolio agevolato ad uso agricolo”.
In particolare, gli approfondimenti svolti, anche mediante attività tecniche, servizi di osservazione, pedinamento e controllo, accertamenti bancari e analisi di documentazione contabile e extracontabile, avrebbero evidenziato un collaudato sistema fraudolento promosso e organizzato da un soggetto catanese del 1983.
Quest’ultimo, nel ruolo di ideatore dell’associazione criminale, avrebbe operato come amministratore di fatto di una società di Palermo e di una ditta individuale di Catania, legalmente rappresentate da altri sodali, al fine di poter acquistare gasolio a uso agricolo per poi destinarlo ad usi soggetti a maggiore imposta (uso autotrazione), con sensibili guadagni illeciti. Difatti, il prodotto energetico destinato all’agricoltura sconta un’aliquota ridotta rispetto a quella ordinaria sia per l’Iva (10% anziché 22%) che per le accise (- 50 cent. al litro).
Più in dettaglio, nell’attuale fase del procedimento in cui non si è pienamente instaurato il contraddittorio con le parti, sarebbe stato ricostruito un sistema fraudolento per mezzo del quale l’impresa palermitana, una volta acquistato il prodotto agevolato, avrebbe provveduto alla sistematica cessione, solo formale, a favore della ditta individuale etnea, risultata una mera “cartiera”, priva di deposito e struttura organizzativa.
In realtà, il prodotto sarebbe stato invece destinato a 4 diversi depositi situati principalmente nell’agrigentino (Palma di Montechiaro), gestiti da altrettanti membri del sodalizio criminale che avrebbero provveduto alla rivendita “in nero” come gasolio da autotrazione.
Peraltro, allo scopo di evitare il rischio di sequestri e sanzioni nel corso di eventuali controlli su strada delle autobotti, la società palermitana sarebbe stata solita emettere apposito documento di trasporto (e-das), successivamente distrutto od occultato una volta raggiunta la destinazione concordata. Parallelamente, la ditta individuale catanese, formale ricevente del gasolio agricolo, risulterebbe non aver emesso alcuna fattura di rivendita nei confronti degli effettivi destinatari e utilizzatori in modo da far perdere le tracce del prodotto energetico.
Nell’associazione a delinquere, sarebbe inoltre emersa la figura di un soggetto di origine paternese il quale, titolare di società di trasporti, avrebbe messo a disposizione del promotore le autobotti utilizzate per il trasferimento delle partite di carburante verso i suddetti depositi. Nello specifico, il predetto, di concerto con l’ideatore del sodalizio, avrebbe avuto un ruolo di organizzatore, impartendo ordini e disposizioni a 3 autisti coinvolti nella frode.
I proventi illeciti accumulati a seguito della rivendita del prodotto energetico sarebbero stati riciclati mediante trasferimento operato a favore della società di Palermo in modo da perpetuare il meccanismo di frode e al contempo ostacolare l’identificazione della provenienza illecita della provvista.
Infine, sarebbe stato appurato che tale ultima impresa, allo scopo di abbattere i ricavi e il debito Iva sorti per effetto delle vendite fittizie alla ditta individuale di Catania, in aggiunta alle fatture reali di acquisto di prodotti energetici da altri operatori economici, avrebbe ricevuto da altre società, gestite sempre da membri dell’associazione a delinquere, anche fatture per operazioni inesistenti, accompagnate da numerosi documenti di trasporto falsi, per attestare l’acquisizione, mai avvenuta, di ulteriori quantitativi di gasolio agricolo.
Nel corso dell’attività investigativa, a riscontro delle evidenze raccolte, sono stati effettuati tre distinti interventi che hanno portato al sequestro di complessivi 41.000 litri di prodotto energetico a uso agricolo, n. 4 autocisterne, n. 1 semirimorchio e altre attrezzature utilizzate per il trasporto e la commercializzazione illecita del carburante.
Sulla scorta del quadro indiziario prospettato, il Gip presso il Tribunale di Catania, su richiesta della locale Procura, ha dunque disposto misure cautelari:
– reali, nella forma del sequestro preventivo di beni e attività finanziarie nella disponibilità degli indagati per un valore complessivo di circa 2 milioni di euro nonché di 6 depositi di stoccaggio di prodotti energetici coinvolti nel meccanismo fraudolento (n. 5 in provincia di Agrigento e n. 1 in provincia di Palermo);
– personali nei confronti di 14 indagati (2 custodie cautelari in carcere, 4 arresti domiciliari e 8 obblighi di dimora abbinati alla sospensione dall’esercizio di impresa per 4 indagati e all’obbligo di presentazione alla pg per altri 3 indagati). Tale decisione è stata assunta dopo che, in ossequio alle recentissime novità legislative introdotte dalla riforma c.d. “Nordio”, sono stati effettuati interrogatori preventivi dei soggetti coinvolti dinanzi al medesimo Gip, al cui esito sono state ritenute sussistenti le esigenze cautelari a carico dei predetti.