Sono circa un migliaio i pizzini riconducibili al boss mafioso Matteo Messina Denaro, quindi da lui scritti o a lui rivolti, scoperti dai carabinieri del Ros nel covo del boss a Campobello di Mazara e nelle due case (quella di campagna di Campobello e quella di Castelvetrano) della sorella Rosalia, arrestata ieri per mafia.
Una miniera d’oro di informazioni sulla quale gli investigatori, coordinati dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Piero Padova e Gianluca de Leo, stanno lavorando. Per la ricostruzione della latitanza di Messina Denaro, dei suoi affari, delle sue frequentazioni si tratta di input straordinari.
Chi frequentava il covo del boss Matteo Messina Denaro a Campobello di Mazara? Stanno cercando di scoprirlo gli investigatori che hanno disposto la ricerca di eventuali dna nell’appartamento.
I profili genetici diversi da quelli del boss eventualmente trovati potrebbero portare all’identificazione dei soggetti che incontravano il capomafia nella casa in cui questi ha passato gli ultimi mesi di latitanza. Nell’enorme mole di carte ritrovate, oltre ad appunti sulla contabilità del boss e suoi scritti personali, ci sarebbero messaggi a donne con le quali il capomafia intratteneva relazioni.
La lettura di uno dei biglietti, ad esempio, spiega i movimenti di denaro seguiti all’acquisto del covo di Campobello. Nel messaggio il capomafia chiede alla sorella di farsi dare i 40 mila euro da “Parmigiano”, uno dei nomi in codice usati per le comunicazioni. Secondo gli inquirenti si tratterebbe di un imprenditore in qualche modo in affari con il padrino. Che Messina Denaro chiedesse la somma per rientrare dalle spese della casa si evince dalla data del bigliettino: 14 maggio del 2022. L’atto di vendita dell’immobile di vicolo San Vito è del 15 giugno successivo. L’appartamento venne formalmente comprato da Andrea Bonafede, geometra che ha prestato i documenti di identità al boss e nell’atto di compravendita venne indicato in 20mila euro il valore della casa. Ma gli investigatori ritengono che si trattasse solo del valore dichiarato e che invece la cifra pagata fosse più alta.
“Sai cosa ho comprato con questi 40 mila, qua non lo nomino cosa ho comprato tanto già lo sai. Purtroppo non ne ho potuto fare a meno, le cose si sono talmente ingarbugliate che non ho avuto scelta. I soldi che avevo non mi bastavano e quindi ho avuto bisogno di questi 40 dai W”, scriveva il boss.
“Ne sono rimasti 85 mila, e questo è un problema, sono pochi, devo avere un deposito più grosso, se no vado a sbattere, cioè non sono coperto per come voglio io. Quindi ora ti spiego come fare per recuperare questi 40 mila”, spiega. “Ti spiego cosa devi fare, segui alla lettera ciò che ti dico: ti devi incontrare col Parmigiano, solo una volta però e gli chiedi il prestito a lui”, diceva Messina Denaro alla sorella.
Quello che attende gli investigatori, però, è un lavoro lungo e complesso perché i bigliettini sono tutti da decriptare. Il padrino, infatti, utilizzava nomi in codice: Rosalia, ad esempio era chiamata Fragolone. Molti altri nickname come Ciliegia, Condor, Malato, Reparto, Parmigiano, sono tutti da decifrare. Nell’enorme mole di carte ritrovate, oltre ad appunti sulla contabilità del boss e suoi scritti personali, ci sarebbero messaggi a donne con le quali il capomafia intratteneva relazioni. Certamente chiarimenti sui pizzini verranno chiesti lunedì a Rosalia Messina Denaro nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al Gip, nel carcere di Pagliarelli. La donna sarà assistita dall’avvocato Daniele Bernardone e non dalla figlia Lorenza Guttadauro che invece è stata nominata legale di fiducia dal boss.