É finito in carcere Alfonso Tumbarello, lo pneumologo massone, che almeno da tre anni a questa parte avrebbe favorito la latitanza di Matteo Messina Denaro.
Un arresto che era nell’aria già poche ore dopo la cattura dell’ex superlatitante, quando venne fuori il nome di Tumbarello come medico curante dell’alias Andrea Bonafede.
Il Bonafede “finto”, ossia Messina Denaro avrebbe ricevuto da Tumbarello tutta l’assistenza che un curante deve a un paziente oncologico. Il vero Bonafede, di fatto legittimo paziente del medico di Campobello, godrebbe invece di buona salute.
Un arresto al quale dovrebbero seguirne degli altri. Questione di giorni.
A sentire le indiscrezioni investigative ci sarebbero già decine di nomi eccellenti iscritti nel registro degli indagati. Il famigerato cerchio sarebbe davvero stretto intorno alla rete dei fedelissimi e dei sodali del boss di Castelvetrano. Il lavoro degli inquirenti procede per maglie larghe e fitte, con i carabinieri del Ros che lavorano dividendosi tra i tanti territori di interesse del boss e i magistrati, capitanati dal Procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido, che coordinano, studiano i fatti, le persone, le informative.
Sarebbero più di uno i medici nel loro mirino. Altri sanitari, alcuni orbitanti nelle logge massoniche? É molto probabile. É fitta la rete massonica del trapanese, con due logge solo a Campobello di Mazara (appena 11 mila abitanti), un’altra a Castelvetrano, un’altra ancora a Menfi, due a Santa Margherita Belice e una a Sambuca. In un territorio di una quarantina di km la massoneria legale conta centinaia di iscritti.
Le fonti parlano addirittura di una loggia parallela, una scrematura delle altre – creata dallo stesso Messina Denaro – dove mafia e massoneria si prenderebbero a braccetto e gestirebbero affari economici a tanti zeri. Non é finita, la liaison garantirebbe protezione e cure mediche di eccellenza agli adepti. In Sicilia, nel resto di Italia ed anche all’estero. Le stesse cure di cui avrebbe beneficiato Messina Denaro nel trentennio di latitanza. Prima l’intervento oculistico nella prestigiosa clinica Barraquer di Barcellona (siamo negli anni ‘90), quindi la diagnosi di una malattia intestinale cronica, una sindrome che richiede controlli e terapie costanti, affidati a medici specializzati. Su questo ambito si starebbero concentrando le indagini e da lì si snocciolerebbero, uno dietro l’altro, una serie di nomi. Non la solita mafia dei sodali, dei vivandieri, al più degli estortori con un certo cervello, quanto quella mafia borghese, di cui hanno parlato i magistrati già poche ore dopo l’arresto. Intrecci di sanità, politica ed alte professionalità operanti su più fronti, con la base in un territorio potenzialmente molto ricco, quello del Belice.
Una persona che lavora da responsabile nella ricettività di lusso quelle zone, ma che vuole rimanere anonima, sostiene: “É normale, secondo voi, che il turismo di lusso, tra Agrigento, Trapani e Palermo, si concentri per il 90% nelle terre di Messina Denaro? Resort a cinque stelle, aziende agricole di altissimo livello, turismo ‘fighetto’. Perché tutto si accentra da queste parti e se vai oltre Sciacca a est o dopo Trapani a ovest tutto é fermo agli hotel anni ‘80, tranne qualche piccola eccezione? Un motivo ci sarà ed é sempre stato sotto gli occhi di tutti!”
Messina Denaro ha sempre avuto il pallino per il turismo da ricconi. A sentire i pentiti calabresi, Diabolik aveva un grosso progetto con la cosca dei Mancuso, un resort a Capo Vaticano, con il 40% di quote mafiose e il resto “pulite”. C’erano anche mire internazionali, in Costa Azzurra e in Provenza. Progetti paventati e probabilmente in parte anche avviati grazie a quella rete fitta di contatti e protezioni, che nell’intreccio mafia/massoneria raggiungerebbe il suo apice.
Messina Denaro é come una macchina fabbrica soldi, sa come farli ad ha la rete giusta per ripulirli. É un capo temuto e riverito, non solo per la sua capacità criminale in senso stretto, quanto per il cervello “fino”, da stratega, da economista della malavita.
C’è poi il capitolo malattia, che per Diabolik avrebbe potuto segnare una battuta di arresto.
Si dice che in Cosa nostra MMD negli ultimi anni avesse perso quota, che qualcuno gli rimproverasse uno sperpero di soldi personale, a svantaggio dell’organizzazione. Si parla e si cerca il suo tesoro nascosto, cifre da capogiro. Continua la ricerca dei complici, degli insospettabili, di quella mafia nuova, ma in realtà vecchia quasi quanto quella “tradizionale”.
La sanità é un nodo centrale. A Messina Denaro gli investigatori sarebbero arrivati proprio partendo dalla sua malattia e lí si é concentrato il primo filone di indagini.
Si parla da giorni di un oncologo trapanese, Filippo Zerilli, direttore della clinica oncologica Sant’Antonio Abate di Trapani. Il sanitario é coinvolto nell’inchiesta ma si difende: “Non lo conoscevo, non sapevo si trattasse di Messina Denaro.”
Alla stampa dichiara: “Ho sempre esercitato la professione con scienza e coscienza e non fa eccezione quanto accaduto in relazione al paziente Andrea Bonafede (alias Matteo Messina Denaro) per il quale, in data 3 dicembre 2020, in risposta ad una richiesta di visita oncologica della chirurgia di Mazara del Vallo, supportata da un referto istologico del laboratorio di anatomia patologica dell’ospedale di Castelvetrano del 24 novembre 2020, è stata fissata una visita presso l’Unità che dirigo, segnata nell’agenda di reparto in data 9 dicembre 2020. Non vi è altra documentazione, a mia conoscenza, dalla quale risulti la presenza del paziente Andrea Bonafede presso l’ospedale di Trapani”.
Sulla salute ruotano ancora tanti elementi importanti. Nel carcere di massima sicurezza di L’Aquila, Messina Denaro si é già sottoposto a due cicli di chemioterapia. É trapelato il “sogno” del boss di sottoporsi a cure avveniristiche, terapie che sono nei protocolli oncologici israeliani. Messina Denaro, ovviamente quando era ancora latitante, si sarebbe documentato, avrebbe paventato un accesso a queste terapie, affidandosi alla rete dei suoi protettori più illustri? Anche questa potrebbe essere un’altra chiave in mano agli investigatori, vuoi per leggere il passato del boss, vuoi per iniziare a progettarne il futuro.