Fine pena mai.
La Corte di Assise di Messina ha condannato all’ergastolo l’infermiere calabrese Antonio De Pace per aver ucciso la fidanzata Lorena Quaranta, giovane studentessa di Favara con il sogno di diventare medico. Accolta la richiesta dell’accusa, sostenuta in aula dal sostituto procuratore Roberto Conte, ma esclusa l’aggravante della premeditazione.
“Giustizia è fatta” è il commento dell’avvocato Giuseppe Barba che rappresenta i familiari di Lorena Quaranta, costituitisi parte civile nel processo. Il tribunale di Messina ha disposto il pagamento in loro favore di una provvisionale immediatamente esecutiva di circa 200 mila euro.
Il femmicidio di Lorena Quaranta si consuma nella notte del 31 marzo 2020 all’interno di un appartamento di Furci Siculo, nel messinese, che i due giovani condividevano. E’ stato lo stesso De Pace, dopo aver strangolato Lorena, a chiamare i carabinieri al telefono: “Venite, ho ucciso la mia fidanzata”.
Il movente non è mai stato del tutto chiaro. L’infermiere calabrese ha infatti sostenuto, almeno nelle prime fasi delle indagini, di avere ucciso la giovane fidanzata perché convinto di aver contratto il Covid-19 a causa sua. Una circostanza poco credibile e smentita immediatamente grazie ai successivi esami effettuati.
La Procura di Messina, inoltre, ha contestato l’aggravante della premeditazione a De Pace sostenendo l’ipotesi che il delitto fosse stato ideato e pianificato in base al fatto di aver inviato alcuni messaggi ai parenti più stretti manifestando la volontà di trasferire i propri risparmi ai nipoti. Questa circostanza, però, è stata esclusa dai giudici della Corte di Assise di Messina.