Dieci ergastoli e sedici condanne con oltre 270 anni di carcere, con pene comprese tra tre e 30 anni. Sono i numeri della sentenza del Gup di Catania, Maria Ivana Cardillo, a conclusione del processo “Thor”, celebrato col rito abbreviato, su oltre venti omicidi di mafia commessi da Cosa nostra tra la fine degli anni ’80 e il 2007. Il massimo della pena, tra gli altri, e’ stato comminato a Vincenzo Salvatore Santapaola, 53 anni, figlio dello storico capomafia Benedetto, ritenuto il mandante dell’uccisione del cugino Angelo Santapaola, ma assolto da quello di Nicola Sedici.
Fu un duplice omicidio di ‘pulizia interna’ al clan commesso nel settembre del 2007. Ergastoli anche, tra gli altri, ad Aldo Ercolano, nipote di ‘Nitto’, e al boss Aurelio Quattroluni. L’inchiesta Thor fu eseguita dai carabinieri del Ros il 25 febbraio del 2020, e riguardava gli anni bui della sanguinosa violenza da oltre 100 omicidi l’anno a Catania e provincia. Erano i tempi durante i quali vi erano le infiltrazioni della mafia nelle istituzioni, comprese le forze dell’ordine e anche all’interno delle carceri, con Bicocca in mano a Cosa nostra.
In quegli anni si moriva anche per dare un forte ‘segnale’ all’esterno di una Cosa nostra intoccabile e spietata: Francesco Lo Monaco venne assassinato nel 1994 perche’ ritenuto l’autore di un assalto a un distributore di carburanti di proprieta’ del boss Marcello D’Agata, e Antonio Furno’ e’ vittima di ‘lupara bianca’ nel 1992 per avere rapinato un supermercato del capomafia Aldo Ercolano. Tra le vittime anche persone ‘estranee’ alla mafia come Salvatore Motta, tra i deceduti di un triplice omicidio commesso il 10 aprile del 1991 a Lentini, nel Siracusano. Gli obiettivi dei sicari, che agirono su richiesta del clan Nardo, erano Cirino Catalano e Salvatore Sambasile. Motta era al posto sbagliato al momento sbagliato. Innocente era anche Giuseppe Torre, ventenne sequestrato e torturato nel febbraio del 1992, perche’ si pensava avesse informazioni utili a Cosa nostra per catturare un esponente del clan rivale dei ‘Tuppi’. Il corpo, per non lasciare tracce, fu messo dentro dei copertoni impilati, cosperso di benzina e poi gli fu dato fuoco.